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Il giardino delle meraviglie

È quello di Villa San Michele che tra mare e cielo racchiude un gioiello botanico e una storia affascinante

di Tullia G. Rizzotti

 

 

 

 

Nella tarda primavera di più di cento anni fa un giovane di diciotto anni sale accaldato l’antica Scala Fenicia sotto il sole a picco del mezzogiorno, attratto da un misterioso richiamo. Attorno è la vampa dorata delle ginestre in fiore, l’aroma del mirto e del rosmarino. E silenzio, tanto silenzio, profumato di cielo e di mare.

Il giovane si chiama Axel Munthe ed è svedese; la scala dai gradini intagliati nella roccia di Capri è l’unico collegamento tra la marina e il borgo arroccato in alto, sulla montagna.

Al termine della Scala Fenicia una piccola cappella in rovina dedicata a San Michele veglia addossata alla roccia come un nido d’aquila ed attrae la vista ed il cuore di Axel con la forza di una folgorazione.

Axel guarda la casetta e la cappella. Il suo cuore comincia a battere così violentemente che parla con difficoltà: «Perché non comperare la casa di Mastro Vincenzo e unire la casa e la cappella con ghirlande di viti e viali di cipressi e bianche logge sostenute da colonne, popolate di marmoree statue di dei e bronzi di imperatori?».

Inizia così, in un luminoso giorno di sole del 1876, la storia di Villa San Michele e del suo giardino, oggi visitati ogni anno da migliaia di turisti delle più svariate nazioni.

La forza del sogno. Dietro la storia di ogni giardino d’autore c’è sempre una forte personalità ed un sogno. Quando finalmente Munthe riesce ad afferrare il suo vuole essere lui a plasmarlo, con il solo aiuto di mastro Nicola e dei suoi tre figli.

Non c’è nessun progetto preordinato, solo un’istintività geniale che sfocerà in quella definita nel 1898 da Henry James «una creazione della più fantastica bellezza, poesia ed inutilità che io abbia mai visto raccolte insieme». Munthe non sa disegnare ed è assolutamente digiuno di architettura eppure, «quando col bastone tracciai sulla sabbia i contorni del piccolo chiostro, lo vidi subito preciso come è adesso, con le sue graziose arcate che circondano il piccolo cortile di cipressi, con il fauno danzante al centro».

Fedeli al sogno di vent’anni prima «le grandi arcate della loggia si alzano rapidamente dal suolo; ad una ad una le cento bianche colonne della pergola si stagliano contro il cielo». Il versante viene terrazzato per sostenere il giardino. La terra restituisce i resti dell’antica dimora di Tiberio, costruita nello stesso luogo, e Munthe li inserisce nella propria; sparsi ovunque, nella casa e nel giardino, si affiancheranno nel tempo i cimeli raccolti altrove in anni di appassionato collezionismo d’arte. Il più misterioso è la sfinge egizia, sulla balaustra della cappella. A Capri si dice abbia il potere di realizzare i sogni.

Il giardino segreto. Nello stile fantasioso di Munthe il lungo ambulatio bordato di colonne e gli angoli quieti adatti alla contemplazione del paesaggio ricalcano forse inconsciamente il gusto tiberiano. Il giardino è invisibile dalla strada, racchiuso tra mura come una creatura da proteggere gelosamente. Dalla casa massiccia, con piccole aperture, l’architettura passa al gioco di pieni e di vuoti della “loggia delle sculture”, si assottiglia nel colonnato inserito nel verde e si apre totalmente al sole nel belvedere ai piedi della cappella, creato per ammirare la vista sul golfo che aveva stordito Munthe con la sua bellezza al primo incontro con l’isola.

Sopra la cappella restaurata come biblioteca incombono le rupi e la sagoma massiccia del diroccato castello Barbarossa. Per dare una “casa” anche agli uccelli migratori che ogni anno si riversano sull’isola Munthe riuscirà ad acquistarlo nel 1899, trasformandolo da miglior postazione di caccia a “santuario degli uccelli”.

L’impianto originario. Ne La storia di San Michele vi sono solo vaghi accenni alla vegetazione originaria del giardino: «I cipressi venuti da villa d’Este, sulla via che conduce alla cappella, erano già cresciuti in un viale d’alberi superbi, i più nobili alberi del mondo (…) Rose, caprifoglio ed epitimo si aggrovigliavano intorno alla lunga fila di bianche colonne (…) ed avvolgevano anche i tronchi dei cipressi». Sulla pergola si distendono le viti. Ci sono orci con gerani e uno spazio per gli agrumi. Allori e pini mediterranei allargano la loro ombra sui terrazzamenti del giardino, un rimboschimento a pino d’Aleppo si inerpica sul versante del monte Barbarossa. Molto è offerto dalla natura stessa: rosmarino, lentisco, ginestra e mirto. Le plaghe rupestri ospitano stupende endemiche spontanee: Lithodora rosmarinifolia, Campanula gracilis, Convolvulus cneorum, Chamaecytisus spinescens. La primavera regala anemoni, crochi, narcisi, violette, orchidee, ciclamini.

Il giardino moderno. La storia successiva del giardino riflette quella di tutta Capri: alle piante locali si affiancano pian piano specie esotiche, riflesso della moda e di un clima sempre più mite. Fanno il loro ingresso yucche e cycas, il fuoco degli ibischi e della Datura sanguinea del Perù, le cascate violacee della Polygala mirtifolia. Il pergolato si riveste di glicine e passiflora, del giallo del Jasminum nudiflorum e dell’azzurra Plumbago capensis, le pareti di bouganvillea e rincospermo. All’alloro si affianca il pittosforo.

Le macchie stagionali di colore sono offerte da clivie, tulipani, profumate fresie, cinerarie, Salvia splendens, impatiens, iperico, gazania…

Con gran sollievo del giardiniere arriva l’impianto d’irrigazione e poi un ruscelletto, per aggiungere la voce dell’acqua a quella del vento e dei cantori alati. Nel 2006 si inaugura il Padiglione “Olivetum” ad illustrare la natura di Capri: geologia, flora e fauna. L’ultima aggiunta è la testa in bronzo di Munthe.

 

 

UN GIARDINO PER IL MONDO

La Villa viene aperta al pubblico nel 1930 dopo il successo del libro La storia di San Michele. Ma già prima, come ospiti di Munthe, erano sfilate le più belle teste coronate d’Europa, letterati e personaggi stravaganti. Con l’avvento della Fondazione altre attività si affiancano alla cura del giardino. L’Istituto Svedese di Roma invia gli archeologi desiderosi di esaminare la collezione raccolta da Munthe. Lo scambio culturale Svezia-Italia per studi classici e umanistici si appoggia dal 1951 alla Foresteria. Nel 1956 iniziano le osservazioni degli uccelli migratori con gli ornitologi svedesi di Ottenby, affiancati dal 1980 dalla Lipu italiana e oggi dagli esperti dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica di Bologna. Studi sulla migrazione delle farfalle hanno impegnato le Università di Uppsala e Lund. Con il 2010 inizia il progetto di studio dei pipistrelli. Per la ricca flora endemica il monte Barbarossa diventa un’oasi, gestita dal Wwf e ora in proprio, mentre il giardino della villa è la cornice stupenda degli ormai attesissimi concerti estivi del venerdì sera, sotto l’egida del Consiglio della Cultura Svedese. L’ottima gestione, oltre alla bellezza, merita l’ingresso nel 2004 tra i Grandi Giardini Italiani.

Arriva così un turismo più elitario; aumentano anche i visitatori singoli fortemente motivati. Se prima la molla della visita era la curiosità per un sogno trasformato in realtà, ora il pubblico è più esigente per gli aspetti botanici, vuol esaminare la mitica Kochia saxicola, il cui aspetto deludente è compensato dall’estrema rarità. L’inserimento tra i dieci finalisti del concorso dell’americana Briggs & Stratton proietta ad un livello ancora più internazionale di attenzione. Il giugno del 2009 vede un “tocco rosa” di rango: la villa è scelta come luogo per il segretissimo atto privato di richiesta della mano della principessa Madeleine, secondogenita dei Reali di Svezia, da parte del fidanzato Jonas Bergström. Per ricordare che Capri, isola della bellezza, è sempre l’isola dell’amore e che a San Michele tutti i sogni si avverano.

 

 

TESORI VERDI

Grandi Giardini Italiani nasce nel 1977 dalla sensibilità e dall’intuito di Judith Wade, inglese di nascita ed italiana di adozione, come marchio di qualità per i più significativi giardini visitabili italiani. L’intento è segnalare in modo efficace e porre in sinergia i tesori creati in oltre 500 anni di storia. Il circuito raggruppa oggi 75 giardini in 13 regioni, esaltandone il valore artistico, storico e botanico anche con manifestazioni a tema; l’inserimento premia la bellezza, l’unicità e l’ottima gestione, e diventa motivo di orgoglio per il territorio. I frammenti di Eden sparsi per l’Italia ne custodiscono la memoria storica e diventano volano di sviluppo, con ricaduta di lavoro sul territorio. Per il numero crescente di visitatori, giunti a sei milioni l’anno, Grandi Giardini (ora azienda Srl) ha meritato nel 2009 l’inserimento tra le prime 40 aziende nazionali in grado di sostenere l’economia, creando valore malgrado la crisi. Il riconoscimento è una conquista per tutto l’Horticultural Tourism, quale elemento di spicco per lo sviluppo dell’economia di un Paese privilegiato, com’è l’Italia, da straordinarie potenzialità nel settore.

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