foto03Il sentiero dei Fortini

Attraverso lo splendido percorso di Anacapri si riscoprono i luoghi teatro della presa dell’isola da parte delle truppe napoleoniche

di Salvatore Borà

 

 

 

 

Percorrere il sentiero che collega i fortini di Pino, Campetiello e Orrico, recentemente ristrutturati e illuminati nelle sere d’estate, significa scoprire la bellezza selvaggia e primitiva di una parte dell’isola poco conosciuta perché prima inaccessibile e impervia; significa dominare e costeggiare dall’alto l’azzurro e profondo mare che spumeggiando si infrange sulle frastagliate scogliere e sentirne il mormorio nel silenzio circostante; significa godere di uno dei panorami più incomparabili, specie quando al tramonto l’orizzonte si tinge di un colore rosa smagliante e luminoso; significa, infine, rivivere quegli avvenimenti che hanno caratterizzato la storia isolana nei primi decenni dell’Ottocento. In ordine di tempo sono le ultime fortificazioni costruite sull’isola quando, nell’aspra lotta tra Napoleone Bonaparte e l’Inghilterra per il dominio dell’Europa, Capri divenne il centro di eventi militari che nel 1808 si concretizzarono con la sua occupazione da parte dei Francesi; un avvenimento annotato perfino sull’Arco di Trionfo di Parigi. Due anni prima, però, il colonnello inglese Sir Hudson Lowe, che fu anche carceriere di Napoleone nell’esilio di Sant’Elena, l’aveva tolta a sua volta ai Francesi dandosi a fortificarla nei punti più strategici. Scrive Pietro Colletta che furtivamente e su incarico del viceré Gioacchino Murat ispezionò l’isola dal mare: «…dovunque mai uomo ardito approdar volesse, l’impediva o fosso, o muro o guardia; chiudevano il porto e la marina batterie di cannoni; cinque forti: uno ad Anacapri (S. Maria a Cetrella) e quattro a Capri, ben armati, difendevano ogni parte del territorio; la città era cinta di mura. I Francesi credendo quel posto inespugnabile lo chiamarono “Piccola Gibilterra” ». In tre ore circa, buona lena e scarpe adatte, il visitatore può coprire l’intero percorso portandosi prima sulla carrozzabile per il Faro di Punta Carena. A circa novecento metri, dopo la Torre di Materita, si apre a destra una stradetta cementata e in discesa che conduce al Fortino di Pino. Poco prima del forte, un sentiero a sinistra porta alla postazione di guardia della Cala del Tombosiello dove erano stati sistemati tre cannoncini a difesa della Cala del Limmo. Questo presidio costituiva la parte terminale del muro fortificato che aveva inizio dalla sovrastante Torre della Guardia, oggi interrotto dalla rotabile, ma in parte ancora visibile e che chiudeva il varco tra il precipizio della Cala e le alture fino alla torre. Era lungo circa 180 metri, con un parapetto munito di feritoie per fucilieri e due piattaforme per piccoli cannoni. Per tutta la sua lunghezza correva una trincea mimetizzata che era un vero e proprio trabocchetto. I nemici, precipitandovi dentro, restavano infilzati in grossi chiodi piantati nella roccia. Nelle grotte, poste sotto di esso, vi era ammassata una gran quantità di pietre al riparo di un congegno che aprendosi le avrebbe fatte rotolare giù per il precipizio, travolgendo gli assalitori. Gli Inglesi concentrarono le loro fortificazioni fisse su questo versante di Anacapri, convinti che la Cala del Limmo fosse l’unica località dove potesse avvenire uno sbarco nemico, considerando inaccessibile la costa occidentale. Tornando indietro e proseguendo per il sentiero cementato, si giunge al Fortino di Pino situato sull’omonimo promontorio ad una quota di 40 metri sul livello del mare. Esso presenta una cinta muraria semicircolare volta verso il mare, spessa circa due metri e di raggio pari a dieci metri. Su due blocchi di pietra bianca, ancora esistenti, erano poggiati due cannoni da 24 libbre disposti in direzione sud-ovest e nordovest in modo che il loro fuoco si potesse incrociare con quello di Campetiello e questo con quello di Orrico, fino ad una distanza di 800 metri, creando una barriera di fuoco insormontabile per qualsiasi nave nemica che cercasse di avvicinarsi alla costa. La sua posizione permetteva di controllare la Cala di Mezzo a nord e quella del Limmo a sud. Ha una dimensione maggiore rispetto agli altri due, che in sostanza presentano le stesse caratteristiche per quanto riguarda la cinta muraria e la posizione dei cannoni, e si diversifica per i suoi due locali in posizione centrale: uno con soffitto in pietra e volta a botte, l’altro completamente rifatto sulle preesistenze diroccate. Sul versante della Cala di Mezzo (cioè a destra) vi è un’esedra con accesso al sottostante locale adibito a cisterna. Vi sono ancora delle grosse lastre di pietra scavate e usate presumibilmente per lo scorrimento delle palle di cannone, che venivano preventivamente infuocate per conferire loro una maggiore forza dirompente nel colpire le navi di legno. A destra del Fortino una scalinata breve conduce al sentiero tra le rocce che porta a Campetiello e che si snoda lungo le rupi a strapiombo sul mare. Qui la vegetazione è rada, discontinua e prevalentemente costituita da arbusti nani capaci di sopravvivere in un ambiente poco ospitale perché investiti di continuo dagli spruzzi della salsedine. Attecchiscono, infatti, solo quelle piante che riescono a sfruttare la poca umidità presente nelle spaccature delle rocce e le rare sacche di terreno accumulato tra gli scogli. Si distinguono, tra le tante, il finocchietto marino, il ginestrino delle scogliere con i suoi fiori giallo vivo, l’erba cristallina dalle foglie rosse e grasse, la carota spinosa dai fiorellini bianchi e la kochia saxicola, una pianta che vegeta solo a Capri. Alle spalle di questa vegetazione colonizzatrice della fascia costiera, inizia quella più densa e più complessa che sfuma in quella diversa varietà di verde che è caratteristico della macchia mediterranea che qui non raggiunge i tre metri ed è composta prevalentemente dal ginepro associato al cisto marino dalle foglie appiccicose e dai fiorellini bianchi, al mirto e al lentisco. Altre piante caratteristiche sono l’asparago selvatico, lo strappabrache dalle foglie cuneiformi e il fusto coperto da aculei che aderiscono al pelo degli animali o ai vestiti, la ginestra comune e quella spinosa. La riforestazione fatta con i pini di Aleppo risulta poco appropriata alla natura di questi luoghi. Superata la Cala di Mezzo, attraverso la discesa di gradini protetti da valide inferriate e dopo aver attraversato un caratteristico ponticciolo di legno, il sentiero prosegue in piano e ridiscende per raggiungere la valletta di Maresotto. A destra dei resti di una diruta calcarea, inizia il sentiero che porta al Fortino di Campetiello. Su questo promontorio sono stati ritrovati alcuni coltellini di ossidiana e pochi frammenti di vaso ad impasto simili a quelli rinvenuti nella Grotta delle Felci, confermando l’insediamento di una tribù di uomini primitivi. Durante il periodo greco e romano vi era un approdo, infatti una scala scolpita nella roccia, fatta murare dagli inglesi, conduceva al mare. Ritornando dal fortino e attraversata la valletta di Rio Chiuso, ha inizio lo stretto sentiero denominato Passo della Capra. Oggi è più largo che in passato per il muro di contenimento che ha reso più praticabile lo strettissimo e impervio tratturo che consentiva, a stento, il passaggio delle capre come recita l’antica denominazione. Quasi alla fine della salita, molto panoramica, si giunge a un bivio: la stradina a destra conduce al piazzale Orrico sulla strada della Grotta Azzurra, quello a sinistra porta al Fortino di Orrico che è il più noto fra i tre perché qui, la sera del 3 ottobre 1808, sbarcarono i Francesi, guidati dal generale Lamarque, arrampicandosi sulle scale che avevano requisito ai lampionari di Napoli e che avevano appoggiato a un muro di sbarramento costruito dagli Inglesi. In breve guadagnarono il piano incontrando scarsa resistenza perché il punto di sbarco, impervio e aspro, era alle spalle di tutte le fortificazioni apprestate al Limmo, alla Torre di Guardia e al Tombosiello. Qualche anno dopo la conquista di Capri, i Francesi, ad evitare che qualche nemico usasse la medesima tattica, fortificarono tutti e tre i promontori, ma per fortuna da quei cannoni non fu sparato mai un solo colpo. Imboccando il sentiero pianeggiante, a destra, si arriva sulla carrozzabile per la Grotta Azzurra all’altezza di Casa Galatà, cioè a circa trecento metri dalla piazzetta da dove partono gli autobus per Anacapri.

 

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