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Prove d’autore

Il giovane Somerset Maugham scrisse a Capri i primi racconti.
 E diventò uno tra i più amati romanzieri del ‘900

di Giuseppe Mazzella

 

 

 

 

«La gente mi ha sempre interessato, ma non mi è mai piaciuta». In questo suo celebre aforisma è racchiuso il carattere e il destino di uno dei più tormentati scrittori del Novecento: William Somerset Maugham. Nato nel 1874 da un addetto dell’ambasciata inglese a Parigi, visse nella capitale francese fino all’età di dieci anni quando, morto improvvisamente il padre, fu mandato in Inghilterra presso uno zio prete. Due anni prima, con la prematura scomparsa della madre, era iniziata la tragedia della sua infanzia. Ora, era come se il cielo si fosse chiuso definitivamente sopra di lui.

Seguirono anni terribili, di dolore e di solitudine, che ne segnarono il carattere già chiuso. L’unica via d’uscita gli apparve la creazione letteraria, per la quale sin da giovanissimo aveva mostrato grande predisposizione. Pur continuando a studiare con risultati brillanti laureandosi in medicina, professione che praticò pochissimo, cominciò sempre di più ad immergersi nella letteratura, “mirabile ossessione” che non lo abbandonerà mai, neanche quando divenne negli anni Trenta lo scrittore più ricco e pagato del mondo.

Era tutto proteso verso il raggiungimento della sua meta letteraria quando, a poco più di vent’anni, decise di andare a Capri assieme ad altri due amici. Il giovane scrittore era un giovanotto piacente, anche se si vergognava della sua bassa statura. Quello che lo faceva soffrire di più era, però, una forte balbuzie effetto dello shock per la perdita dei genitori, di cui soffriva fin dall’infanzia e della quale non si libererà mai. Fu, forse, proprio questa difficoltà di comunicazione ad acuire i suoi sensi già protesi ad analizzare uomini e gesti, a tutto beneficio delle sue storie che cominciavano ad arricchirsi sempre più di quelle “passioni” con cui tesserà sapienti tele narrative.

Era il maggio del 1895 quando Maugham arriva a Capri dove, nel giro di pochi giorni, lo raggiungono due amici, Edwark Frederick Benson e John Ellingham Brooks. Quest’ultimo, di qualche anno più grande, era stato colui che aveva fatto scoprire al giovane Maugham le sue tendenze omosessuali. I tre si erano rifugiati sull’isola dopo lo scandalo provocato da Oscar Wilde e il suo conseguente arresto a causa dell’amore proibito per il giovane Alfred Douglas. In Inghilterra, dopo il processo, si era levata una ventata di moralismo che consigliava chiunque avesse preferenze sessuali non ortodosse, di cambiare aria. L’Italia, immersa nel Mediterraneo come una donna voluttuosa e disinibita, appariva un paese molto più tollerante e in quell’azzurro Mediterraneo Capri rappresentava un luogo di totale libertà, un’oasi fuori del tempo.

 

TRA BAGNI DI MARE E PASSEGGIATE


Il sodalizio, tra piccoli screzi e grandi riconciliazioni, ebbe un effetto benefico su tutti e tre che, alternando bagni di mare, lunghe passeggiate, pranzi e cene con i succosi prodotti locali, si impegnavano con metodo nella creazione letteraria.

Il più fisso sull’isola fu Brooks, mentre Maugham e Benson andavano e venivano secondo l’estro delle stagioni. A luglio e agosto dello stesso 1895 Maugham, assieme al suo amico Harry Philips, prendeva alloggio nella Villa Valentino dove, sempre più conscio della sua vocazione, lavorava senza risparmio, abitudine che manterrà per tutta la vita. Lo scrittore viveva profondamente l’atmosfera dell’isola e così annotava nei suoi voluminosi taccuini: «Pur non facendo niente dalla mattina alla sera, la giornata vola via così veloce che sembra impossibile trovare un momento» E ancora: «Capri è affascinante come sempre, e la gente è sempre bizzarra: tutti sono assai immorali, ma per fortuna non così fessi come spesso sono questo genere di sfrenati. Ogni forestiero ha la sua piccola storia scabrosa, che ben lungi dall’essere sussurrata all’orecchio, viene gridata ai quattro venti… Faccio il bagno tutte le mattine, dopo pranzo dormo fino all’ora del tè, quindi vado a zonzo tra le vigne interminabili, a sera leggo o guardo la luna». Comincia già ad utilizzare il materiale raccolto, per alcune “prove d’autore”. E quale materia umana più magmatica dei tipi che popolavano l’isola in quel periodo – e forse in tutti i periodi – per poter trarre scene efficaci e abbozzi per le sue storie? Un gruppo di racconti, oggi raccolti nel volume Il mangiatore di loto e altre storie capresi (La Conchiglia Ed.) si ispirano a Brooks, l’amante-rivale, che lo scrittore aveva definito cinicamente “incapace di creare”. A Brooks si ispirano Mayhew e Il mangiatore di loto, personaggi dalle molte sfaccettature, persi nel loro sogno di vita decadente, verso i quali lo scrittore nutre, assieme a una certa ammirazione anche un sordo rancore. Era quello stesso sentimento che Maughama aveva verso Brooks, “colpevole” di avergli fatto scoprire la sua omosessualità. Un altro pezzo di bravura lo si deve a questo periodo di “osservazione caprese”: la storia di Salvatore, povero e semplice pescatore di Capri, la cui breve e banale vicenda umana, lo scrittore riesce a trasformare quasi in una storia epica.
Le presenze a Capri dei tre amici si alternarono nel corso degli anni, con alti e bassi. Ancora una volta nell’estate del 1913 i tre si ritrovarono assieme sull’isola. Avevano affittato Villa Cercola, dove Brooks avrebbe potuto abitare tutto l’anno e gli altri andare e venire a loro piacimento. La villa, che è nella parte alta di Capri, soddisfaceva i loro bisogni. Gli ospiti vi avevano apposto all’ingresso un’insolita iscrizione con la scritta “cave hominem”, attenti agli uomini. Maugham così la descriveva esaltato: «Aveva mura bianche e fresche, su cui si arrampicavano il convolvolo e la piombaggine, e aveva un giardino a terrazze che digradava a valle, con pergolati che coprivano la cisterna dell’acqua. Un grande pino italico, alla minima brezza univa il suo fruscio al lontano sciabordio del mare». Luogo ideale dove riposare e creare.

 

L’ARRIVO DI SYRIE


Anche l’estate del 1914 vide Maugham sull’isola, questa volta in compagnia dell’amico pittore-ritrattista Gerald Kelly. Quell’atmosfera serena, nonostante gli imminenti presagi di guerra, fu interrotta solo dalla minaccia prima e dall’arrivo poi di Syrie Wellcome, una donna con la quale aveva una relazione e che sposerà poi nel 1917. Dopo pochi giorni Maugham e Syrie lasciarono l’isola. Finiva un’epoca e iniziava la strepitosa carriera dello scrittore. Maugham raggiunse l’Inghilterra e poi Alessandria d’Egitto. Anche lui doveva fare la sua parte nella grande guerra, partecipando fra l’altro ad una missione segreta in Russia.

A Capri Maugham tornò molte altre volte. Nel 1919 e nel 1925, quando pensò addirittura di comprarsi una casa. Andò diversamente.
Quello che prima della guerra era già un successo straordinario, divenne un boom planetario. Già il primo romanzo del 1897, Liza di Lambeth, era stato un grande successo. Con Miss Craddok del 1902, e soprattutto con il capolavoro Schiavo d’amore, del 1915, Maugham aveva definitivamente consacrato la sua fama. La luna e sei soldi, del 1919, racconto della vita di Gauguin e Il velo dipinto del 1925, trasformarono la scalata in una marcia trionfale che andò infoltendosi di allori con opere di teatro come Il cerchio, che ne fecero per lunghi anni l’autore più rappresentato al mondo. Il successo lo rese ricchissimo, ricchezza che andò moltiplicandosi all’inverosimile, quando da alcune sue opere furono tratte fortunate pellicole cinematografiche, come Pioggia con Joan Crawford del ’32, Il velo dipinto con Greta Garbo del ’34. Maugham ebbe anche il tempo di sposarsi (e di aver una figlia), per divorziare subito dopo.

 

GLI ANNI DELLA MORESCA

Sfumata l’idea di una casa a Capri, Maugham decise di trovare in Francia il luogo ideale per il suo buen retiro. La scelta cadde su una grande villa, la Mauresque, a Cap-Ferrat, sulla Costa Azzurra, immersa tra cedri, aranci e pini d’Aleppo. Nella grande villa, sempre affollata di ospiti prestigiosi alternava intensi periodi di lavoro a lunghi viaggi in tutte le parti del mondo. Nonostante la fortuna l’avesse baciato, però, restava cinico e disincantato, accumulando in compagnia del suo assistente cameriere, che il tribunale gli negherà di adottare come figlio, tele dei più grandi pittori dell’Ottocento e del Novecento. In cuor suo restava il ragazzo insicuro dell’infanzia, bisognoso di affetto, ambizioso e volitivo, ossessionato dal lavoro. Aveva scritto 26 romanzi, 27 commedie e 98 racconti, quasi tutti di successo. Ma questo non bastava a farne un grande scrittore, almeno per i critici che lo avevano snobbato per tutta la vita. E lui, senza mai perdere la speranza, continuava a mantenere un ritmo di lavoro forsennato. Fino al fatale 16 dicembre del 1965, quando morì. Nella sua lunghissima vita l’infelicità non lo aveva mai abbandonato. Forse le lunghe permanenze sull’isola di Capri rappresentano i pochi momenti di felicità della sua esistenza triste e grigia. Poco prima di morire aveva scritto: «Ho cercato di dare un significato alla vita, come Tolstoj. Sono deluso. Forse l’unico significato della vita è viverla». E a Capri aveva potuto, anche se per brevi periodi, viverla appieno.

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