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Un grande set

Da Totò a Godard, dalla Loren a BB: passioni e avventure nei film di Capri

di Alessandro Mauro

 

 

 

 

Anche senza pretesa di esaustività, e in rigoroso ordine sparso, una carrellata sui film che hanno avuto Capri come set non potrebbe che cominciare da Lui, “Imperatore” sullo schermo – e tra i Faraglioni – e Principe nella vita: Antonio de Curtis, in arte Totò, alle cui memorabili doti interpretative si deve una delle pellicole più riuscite tra quelle girate sull’isola. Quella che quando si compie lo sforzo di memoria, o di ricognizione enciclopedica, per mettere insieme i tasselli di un’ideale rassegna cine-caprese, viene in mente e subito fa dire «ah già, certo!». è L’imperatore di Capri, diretto nel 1950 da Luigi Comencini e interpretato, oltre che dal mascelluto genio comico, da Yvonne Sanson, che scambiando Totò per un principe indiano (e sbagliando quindi solo la nazionalità) gli dà modo di sottrarsi agli asfissianti obblighi familiari e diventare il villeggiante più famoso dell’isola, dando così la stura all’ennesima “qui pro quo-story”, terreno in cui (basti pensare a Totò Le Mokò) il grande attore napoletano ha dato parte del meglio di sé.
Ma non è che l’inizio, perché sebbene non possa vantare primati nel cinema insulare (alcuni rivali sono davvero troppo grandi, senza contare che Manhattan è un’isola), Capri, sulla cui bellezza, luce e suggestione non è qui il caso di soffermarci granché, ha con la settima arte un rapporto privilegiato, sul quale la dicono lunga le innumerevoli visite tributategli da divi e divine spesso d’oltreoceano, nonché, per limitarci ai fatti più recenti, l’istituzione del festival “Capri-Hollywood” nato proprio per sottolineare il filo diretto che lega l’isola alla mecca del cinema. Di tale fascinazione cinefila per Capri restano insomma numerose e differenti testimonianze, anche precedenti alla prova di Comencini-Sanson-Totò. è infatti datato 1949 l’interessante Accadde in Settembre (September Affair, diretto da William Dieterle e interpretato da Joan Fontaine e Joseph Cotten) in cui un professionista americano e una pianista inglese, sposati tutti e due, si incontrano e si innamorano durante un viaggio in Italia. In conseguenza di un disastro aereo entrambi verranno dati erroneamente per morti, decidendo così – novelli Mattia Pascal – di restare insieme a Capri, e inaugurando la tendenza cinematografica di riconoscere all’isola lo statuto di luogo dei sogni.
Anche di quelli lunghi una stagione, ché senza dubbio il filone più nutrito tra i film girati al largo di Napoli resta quello cosiddetto “balneare”, in cui con esiti e in periodi diversi le meraviglie capresi, e il sollazzevole clima vacanziero, fanno da cornice per amori, amoretti o semplici flirt. è il caso di Avventura a Capri (diretto nel ’58 da Giuseppe Lipartiti e interpretato tra gli altri da Maurizio Arena, Alessandra Panaro, Nino Taranto e Leopoldo Trieste) in cui due coppie incontratesi sull’isola passano attraverso una sarabanda di equivoci e malintesi per poi ricongiungersi e di nuovo promettersi l’amore.
Non troppo diverso il parecchio precedente L’isola del sogno – amori e canzoni (1947, regia di Ernesto Remani con, tra gli altri, Carlo Campanini, Clelia Matania e Silvana Jachino), dove pure varia il presupposto: Gianni infatti è un cantante, e Giorgio compone musica, insieme devono lavorare al copione di una commedia musicale e per poter operare in tranquillità sbarcano a Capri. Ma senza fare i conti con l’atmosfera che è propria del luogo: il sogno, appunto, come esplicitamente evocato dal titolo del film. I due infatti incontreranno due belle ragazze, con buona pace del lavoro da portare avanti. Ma l’arte della conquista estiva, della relazione sentimentale mordi e fuggi, del dongiovannismo da spiaggia, il tutto ammantato nell’atmosfera giocherellona e in fondo pudica dell’Italia balneare di un tempo (o di come il cinema l’ha immortalata), venne sistematizzata, per quanto concerne Capri, da Vittorio Caprioli nel 1962 con il suo Leoni al sole, che pure interpretò al fianco di Carlo Giuffrè, Philippe Leroy e della bravissima Franca Valeri, e che attraverso una serie di episodi dà allegramente conto di un ampio spettro delle caratteristiche di questi fulminei predatori delle vacanze. Niente vacanze invece, e anzi una brusca sterzata di clima per Il mare, diretto nel 1963 da Giuseppe Patroni Griffi e interpretato da Umberto Orsini, Françoise Prévost e Dino Mele, che è ambientato d’inverno e parla sì d’amore ma, in sintonia meteo-narrativa con la stagione, è privo di qualsiasi scanzonatezza balneare. Raccontando invece la tormentata relazione che coinvolge due uomini e una donna, il loro prendersi e lasciarsi, con il movimento incessante del mare a contrappuntare stilisticamente l’andamento ondivago e interminato delle loro passioni.
E già che ci siamo immessi in territorio “serio”, passiamo a menzionare due tra i set più autorevoli che abbiano mai posato macchine da presa e tutto l’armamentario del cinema sull’isola. Il primo è quello de Il disprezzo (Le mépris, 1963) diretto nientemeno che da Jean-Luc Godard, uomo di punta insieme a Truffaut del fenomeno dapprima critico e successivamente realizzativo passato a notorietà planetaria con il nome di Nouvelle Vague, e interpretato da un cast che affianca Michel Piccoli, Jack Palance e Fritz Lang alla leggendaria Brigitte Bardot, la cui bellezza avrà forse, chissà, offuscato per un attimo agli occhi di qualcuno quella di Capri stessa. Storia di amore, tradimento e morte, il film è tratto dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia, origine letteraria che lo accomuna a La pelle (1981), tratto dal notevole lavoro di Curzio Malaparte che fu, nella riduzione cinematografica di Liliana Cainvani, un altro tra gli approdi cinematografici “per eccellenza” in terra caprese anche grazie alla presenza di Marcello Mastroianni, Burt Lancaster e Claudia Cardinale, altra bellezza tra le innumerevoli che nel corso degli anni sono sbarcate sull’isola. Di bellezza in bellezza, non poteva mancare Sophia Loren, le cui coordinate geografiche e culturali, tra l’altro, prendono le mosse poco distante dalla baia di Napoli. E proprio così, La baia di Napoli (It Started in Naples, diretto nel 1960 da Melville Shavelson) si chiama il film che la vide protagonista al fianco di due calibri quali Clark Gable e Vittorio De Sica.
Vi si narra di un avvocato americano giunto in Italia per sistemare le vicende ereditarie del figliolo di un suo fratello morto in un incidente d’auto. Il piccolo vive con una zia alla quale è molto affezionato (Sophia Loren).
Non è difficile immaginare la fine, ma il film vale senz’altro una (ri)visione. Così come può valerla, non fosse che per uno sguardo a freddo su un fenomeno a suo tempo bistrattato quant’altri mai, e lo stesso idolatrato da schiere di fans, Un jeans e una maglietta, diretto nell’83 da Mariano Laurenti.
Il fenomeno è Nino D’Angelo, quando ben prima del restyling personale e artistico vestiva i panni dello scugnizzo che l’hanno reso famoso. La storia, pur venata di interclassismo sentimentale, recupera in pieno l’atmosfera “amori a Capri” di alcune delle pellicole già citate: Nino, barista in un locale caprese, si invaghisce di Annamaria, bella, ricca e corteggiata. Riuscirà a conquistarla, suscitando le ire del padre di lei, ma “nessuno può proibire l’amore”.
Altra storia d’amore a vocazione interclassista è quella de Il suo nome è donna Rosa, musical che racconta di un uomo di una certa età che vorrebbe sposare l’anziana donna Rosa, ma la di lei nobiltà sembra costituire un ostacolo. Per facilitare il tutto il maturo spasimante esorta la sua giovane figlia a frequentare il figlio della signora, ma lei preferisce un povero pescatore napoletano. Diretto nel 1969 da Ettore M. Fizzarotti, il film ha tutte le carte in regola per diventare il vero “cult” della Capri su celluloide. Sebbene infatti non abbia segnato indissolubilmente la storia del cinema, e si faccia forse ricordare di più per alcuni dei motivetti musicali, Donna Rosa annovera tra i suoi interpreti Romina e Al Bano, prima che il successo nella canzone li strappasse definitivamente al cinema, e una delle rarissime interpretazioni di Pippo Baudo. Quel che si dice, con termine brutto ma accattivante, una “chicca”. Finita in bellezza la carrellata, resta lo spazio per una chiusa leggermente fuori tema: a Capri infatti è stata anche girata una puntata dell’arcinota serie televisiva Love Boat, la nave dell’amore, per la quale navigare dalle parti di quest’isola – che l’amore ce l’ha come secondo nome – è cosa, per così dire, fisiologica.

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