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Alessandro Preziosi

Bello e bravo. Protagonista a teatro, in televisione e sul grande schermo. E di tante avventure capresi

Intervista di Pier Paolo Mocci

 

 

 

 

Che Capri sapesse regalare emozioni forti è cosa nota. Guardando il tramonto all’ombra dei Faraglioni il tempo sembra fermarsi e il sogno della vita riesce ad amplificarsi a dismisura. Già la vita, la bellezza, la spensieratezza di essere in un giardino dell’Eden. Questo è per Alessandro Preziosi, attore e produttore, il sentimento che lo lega a Capri, la sua seconda casa, il luogo che ama e che frequenta da più di trent’anni. Già la vita, ma anche la fine, sì la morte, vista in faccia con la stessa spensieratezza e incoscienza, e ora esorcizzata con un sorriso beffardo, complice il mestiere dell’attore, che sa camuffare quel tempo passato. «Non avevo neanche 10 anni – racconta Alessandro, reduce da due film per il cinema, Il volto di un’altra e Passione sinistra – e insieme a mio fratello maggiore di 14 decidemmo di prendere in prestito il gommone di nostro padre per farci un giretto. Frequentavamo Capri ogni estate, quelle calette e quel mare erano roba nostra. Ci sentivamo capitani di lungo corso, marinai infaticabili e infallibili. Il problema è che facemmo salire sul natante anche il nostro fratellino di 5 anni. D’altronde, potevamo lasciarlo mica a riva da solo…?». E il racconto avvincente viene interrotto da una serie di flash scattati all’attore sì bello ma soprattutto bravo, versatile, coraggioso, che probabilmente non riuscirà a scrollarsi di dosso l’onta imperdonabile di quel Conte Ristori, croce e delizia della sua carriera, o meglio del rapporto con i media («Durante le interviste si parte sempre o si ritorna puntualmente lì – confida in una pausa caffè – sarei grato se non ne parlassimo…». Richiesta accettata con grande entusiasmo, anche perché non avevamo alcuna intenzione di farlo; chi scrive non è mai stato un fan di Rivombrosa).

Ed ecco che torna da noi Alessandro, torna virtualmente a Capri, dopo un legittimo bagno di flash e microfoni di cronisti (e croniste) d’assalto.

«Rieccomi, scusate ma questo lavoro spesso fa sembrare le persone dello spettacolo maleducate e scortesi. Molte lo sono. La verità è che quando siamo in promozione abbiamo delle tabelle prestabilite e impegni mediatici così rigidi che, magari sul più bello, bisogna salutarsi e troncare tutto».

In realtà ci eravamo interrotti sul più brutto…

(Sorride) «Già, quando ci inoltrammo per il mare neanche noi sapevamo che quella sarebbe potuta essere l’ultima avventura, una tragica e prematura fine che avrebbe davvero sconvolto la vita dei nostri genitori».

Il tempo, per fortuna, ci aiuta a ricordare quell’episodio con un certo distacco e un pizzico di ironia…

«La faccio breve. Ovviamente non eravamo in grado di gestire la situazione: i tubolari pneumatici del gommone si stavano sgonfiando. Lentamente stavamo affondando. In quel tempo dilatato dal panico successe di tutto, pianti, angosce, paura. Ci agitavamo, ci sbracciavamo. Qualcuno, forse dall’alto (dei Cieli, ndr), ci notò e ci prese per i capelli prima che fosse troppo tardi… Forse non era né il modo né il tempo per andare via. Non tanto per noi, ma per il male incomprensibile e devastante che avremmo provocato ai nostri cari».

Abbiamo parlato del ricordo brutto, ora quelli belli di Capri.

«Quanto tempo e spazio abbiamo? Non la faccio tornare a casa a cena stasera…».

Non fa niente, mia moglie non è gelosa, piuttosto sarà invidiosa…

«Potrei farci un libro su Capri. Ho passato lì più tempo che in qualunque altro luogo. Sono nato a Napoli, poi mi sono trasferito a Milano, a Roma, ho fatto lunghissime tournée teatrali che mi hanno portato ovunque. Ma Capri era sempre lì ad aspettarmi. Pronta a proteggermi e a farmi sentire Alessandro, quello vero».

E com’è Alessandro quello vero?

«Una persona normale, scusate la banalità. Una persona che ha scelto di fare teatro, cinema, tv per raccontare storie attraverso la propria voce, il proprio corpo. Il senso del mestiere dell’attore è quello di essere uno strumento per comunicare, per arrivare – se ci si riesce – alla testa e al cuore delle persone. Non mi interessa la fama. Quello che guadagno lo investo come produttore per lanciare nuovi talenti, per scommettere su cose nuove, per sovvenzionare i miei spettacoli teatrali. E quando posso per lanciare i giovani che vogliono esprimersi con l’arte, perché sentono qualcosa di forte dentro».

Dicevamo delle cose belle di Capri.

«Sono tantissime. Non mi va di fare un elenco di scorci e di luoghi, i Faraglioni, la Piazzetta, il tramonto caprese che, badate bene, è diverso da qualsiasi altro tramonto. Qualcuno direbbe che sono un pazzo: il mare, il sole, quelli sono. Ed invece non è così. Di posti nel mondo ne ho visti e posso giurare che il tramonto caprese non ha eguali. Se non ci credete venite e ve ne accorgerete».

Quali pensieri la legano maggiormente all’isola?

«Le vacanze trascorse da ragazzo. Il sapore delle linguine al pomodoro fresco e basilico, la mozzarella condita alla caprese col pomodoro, le arrampicate sugli scogli, le sbucciature su gambe e piedi, il sapore del sale del mare, il sole torrido delle due… Vuole che continui?».

Perché no?

«I primi amori. Quelli delicati e ingenui dell’adolescenza, i primi baci. E le partite alla radio nelle domeniche di primavera».

A proposito di calcio, un napoletano come lei tifoso della Juve… Per di più cresciuto negli anni di grazia del fenomeno assoluto Diego Armando Maradona.

«Sono sempre stato un ribelle. E per distinguermi dalla massa che impazziva per il Napoli di Maradona, scelsi la Juve di Platini. Ma non ho mai tifato contro, solo per la mia squadra. Crescendo poi sono diventato sportivo e ho inevitabilmente sposato, oltre alla Juve, anche la squadra della mia città».

Ora Juventus e Napoli sono alla testa del calcio italiano e disputeranno da protagoniste la Coppa dei Campioni.

«Bellissima sensazione. La Juve torna ai fasti del passato, il Napoli si appropria di una platea d’onore che merita. Lo sa che quando c’è Napoli-Juve tifo per il pareggio? Anche perché per un punto conquistato al San Paolo davanti ad 80 mila spettatori ci metterei la firma…».

Non abbiamo ancora parlato del suo lavoro.

«Quale lavoro? Non c’è lavoro…».

In che senso?

«Nel senso che in Italia non si investe più in cultura. Se vuoi fare teatro te lo paghi da solo, ed è per questo che faccio il produttore. E con i costi immensi che ci sono non bastano centinaia di sold-out per coprire le spese di una tournée. Ma lo fai perché ci credi, perché senti il bisogno di omaggiare il Teatro, la messa in scena, come ho fatto con il Cyrano, Colombo e Amleto. Per il resto la tv, almeno quella generalista, è sempre più livellata verso il basso cercando cose facili su cui scommettere, da preti e poliziotti non c’è scampo. Io ho fatto il finanziere (Il capitano, ndr) ma siamo lì. E il cinema credo sia arrivato ai minimi storici produttivi».

Sul grande schermo ha appena interpretato i protagonisti di “Il volto di un’altra” di Pappi Corsicato (altro napoletano) e “Passione sinistra” di Marco Ponti. La critica ne ha parlato bene.

«E magari il pubblico, se solo gli esercenti avessero potuto tenerli di più, li avrebbe premiati maggiormente. Ma capisco anche loro, i proprietari dei cinema dico: se sta per arrivare Iron-Man 3 con la sua pubblicità massiccia e divi internazionali al seguito, come si fa a tenere un filmetto italiano che vive col passaparola?».

I Beni Culturali forse dovrebbero incentivare le sale a tenere film italiani di qualità con uno sgravio fiscale magari sui biglietti o con altri tipi di aiuti.

«Lo sostengo da anni. Ma lotto, anzi lottiamo – mi riferisco a tutto il settore dell’audiovisivo italiano – contro i mulini a vento».

Progetti futuri?

(Ci pensa un attimo) «Vivere». Ma non è il titolo dell’ennesima fiction.

 

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