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Asia Argento

Attrice, regista, sceneggiatrice e cantante. Ma anche mamma felice e appassionata dj. Con un legame per l’isola azzurra che le fa dire: è il più bel posto del mondo

di Pier Paolo Mocci

 

 

 

Per me visitare Capri significa trascorrere almeno un paio d’ore alla scoperta dei colori del mare, nelle baie che costeggiano l’isola. Ma niente tour organizzato, preferisco noleggiare una barca con marinaio, pronta a solcare le acque azzurre intorno all’isola e scoprire alcuni tra gli angoli più suggestivi del pianeta». La dichiarazione d’amore a Capri è di Asia Argento, attrice, regista e dj particolarmente legata all’isola partenopea. La sua ultima incursione risale allo scorso Capodanno per “Capri, Hollywood”, il festival internazionale di cinema e musica diretto da Pascal Vicedomini, in cui Asia ha sfoggiato insieme al marito regista Michele Civetta il meraviglioso figlio Nicola Giovanni. Una Capri versione invernale «sempre incantevole» per la figlia del maestro dell’horror, anche se – confida – di preferirla nella stagione più calda.

«Amo gli straordinari scorci della costa caprese inaccessibili via terra, raggiungibili solo in barca. Preferisco andare nelle piccole insenature nascoste, luoghi perfetti per fare il bagno o per prendere la tintarella lontano da occhi curiosi». Ma per Asia l’isola azzurra è anche lavoro e progetti, visto che proprio a Capri ha annunciato il suo prossimo film da regista. «Girare un film in Italia è più difficile che farlo in America. Tornare è stata una sfida. Ho scritto una sceneggiatura da Ryoju – Il fucile da Caccia di Inoue Yasushi, lo ambienterò qui con attori provenienti dagli Stati Uniti. Sarà un triangolo romantico ma anche tragico, con alcuni colpi di scena. Esistono già due film da questo racconto del ’49, con cui il famoso autore vinse il premio Akutagawa, il Pulizer giapponese, ma non li ho visti per non essere influenzata».

Signora Argento, a Capri qualche mese fa ha annunciato il suo ritorno al cinema. Perché ha scelto proprio l’isola per una notizia così importante, ripresa dai giornali di tutto il mondo?

«Perché lo dovevo a un amico come Pascal Vicedomini, che organizza un festival bellissimo. E perché Capri è uno dei posti più belli del mondo. Può bastare?».

Qual è la “sua” Capri preferita?

«Soprattutto quella serale per un drink dopo cena, quella delle notti in discoteca a ballare o a mettere dei dischi. Da piccola andavo al Number Two e in un altro paio di locali frequentati per lo più da turisti. Ma recentemente ho scoperto anche il Musmè e lo Zeus di Anacapri, sia per ballare che per andare in consolle. Anche se devo dire che, in assoluto, preferisco la mega-discoteca al Faro di Punta Carena, una terrazza sul mare con il chiaro di luna che riflette sulle rocce e un migliaio di ragazzi e ragazze a ballare fino alle prime luci dell’alba».

E adesso che è mamma e moglie i suoi gusti sono cambiati?

«Oggi scelgo posti più “rilassanti” come l’Anema e Core di Guido Lembo o il Guarracino con il suo clima soft e romantico. E prima di andare a dormire è d’obbligo la tappa da Alberto o al Bar della Funicolare per il cappuccino e il cornetto».

Se dovesse mettere musica in un locale caprese la prossima estate quale genere musicale mixerebbe?

«In questo periodo amo molto il folk americano, soprattutto i brani malinconici. Il re del genere è Nick Drake. Mi piacciono molto anche il primo Gino Paoli, Umberto Bindi e molti musicisti dimenticati. La musica in casa mia è qualcosa di immancabile e insostituibile. La scelgo insieme a Michele, mio marito, e la ascoltiamo tutti insieme. Anche Anna Lou ha i suoi gusti: prima sentiva quello che sceglievo io per lei, ora invece ama molte cose più commerciali come Britney Spears e Christina Aguilera. Non la ostacolo, ma quando posso cerco di indottrinarla anche su altri generi».

È una fan dei brani malinconici?

«Sì, spesso la malinconia mi rende allegra. Amo certi brani poco conosciuti ma molto belli. Una selezione l’avevo già fatta in uno dei tre dischi che pubblicai qualche tempo fa come dj, pezzi rari che sono andata a scovare in vinili comprati negli ultimi dieci anni nei mercatini di tutto il mondo. Ci sono molte canzoni d’autore italiane molto tristi ma con testi e musiche straordinari, come Arrivederci di Marino Barreto Jr, la poco nota Città vuota di Mina e un pezzo sconosciuto di Gino Paoli, Il poeta, la storia di una persona che tenta il suicidio».

I vinili sono la sua grande passione, vero? Quanti ne ha?

«Più di qualche migliaio, forse diecimila, sarebbe impossibile contarli tutti. Per me sono loro il futuro: il cd non l’ho mai amato, mi ha sempre dato l’idea di qualcosa di freddo. Credo che il suo tempo ormai l’abbia fatto mentre il vinile no: è un bene prezioso, da custodire. è una cosa che rimane nel tempo, anche quando lo hai consumato fino all’ossesso».

Ma la sua passione per il punk dov’è finita?

«La passione per il punk è sempre viva, anche se in questo momento amo ascoltare anche altro. Dalla techno dei primi anni Novanta, con Lory D e Speedy J, per arrivare a brani più contemporanei, sempre piuttosto “tirati”. E poi c’è il rock che non tramonta mai, mi piacciono molto i Demolition Doll Rods di Detroit e i Dead Kennedys con il loro inno Califonia Uber Alles del 1980».

Se dovesse consigliare qualche nome nuovo o poco conosciuto?

«Segnatevi questi nomi e scaricateveli, sono degli outsider introvabili nei negozi di dischi, forse su Internet qualcosa c’è: Corey Lee Granet, i Palace Brothers e Abner Jay».

Recentemente ha anche esordito come cantante, che esperienza è stata?

«Pazzesca. Ho partecipato come vocalist al disco del gruppo tedesco Munk. Ho cantato pezzi rock in inglese molto orecchiabili. In rete sembra sia andato molto bene il video della canzone che interpreto, Live fast die old, anche questa in inglese ma con un finale in italiano. Un pezzo “arrabbiato”, quasi di protesta».

 

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