foto10Azzurro come un… pesce

Consigli alimentari e ricette per cucinare una prelibatezza della gastronomia caprese

di Luciano Pignataro

 

 

 

 

Quando girate per i mercati o vi sedete a tavola di una cosa potete pur stare certi: il pesce azzurro è sempre fresco, pescato nel Mediterraneo. Certo, spigole e orate fanno parte dell’immaginario collettivo napoletano di quanto più pregiato e buono possa essere pescato nel Golfo, ma alla fine sono la piccola alice, il pesce serra, il tonnacchio, il cefalo ad essere diventati i principi della cucina di mare. “Cianciola e orto”, questa è la spiegazione: un po’ di frutta, verdure, ortaggi e poi via sulla barchetta a pescare nei dintorni dei Faraglioni facendo bene attenzione ad attraversare il tratto che separa la Marina da Punta Campanella nelle giornate belle e solari per evitare brutte sorprese. Così la dieta vegetariana era completata dalle quaglie catturate sul Monte Solaro, dalle capre che hanno regalato il nome all’isola e dai pesci meno nobili ma sempre così saporiti, dal tono forte, capaci di abbinarsi bene alle verdure coltivate sui terrazzamenti strappati alla roccia. “Pesce azzurro” è un termine che in realtà non corrisponde ad alcuna specie precisa, proprio come succede quando si dice frutti di mare. Si chiamano “azzurri” i pesci dalla colorazione dorsale blu scuro, spesso c’è anche un po’ di verde, mentre il loro ventre è argenteo. Di questa categoria fanno parte l’aguglia, l’alaccia, l’alice, il cicerello, la costardella, il lanzardo, il pesce sciabola, la sardina, lo sgombro, lo spratto e il suro. Inoltre, sono considerati azzurri per la loro colorazione anche molti pesci che, per dimensioni e forme, non hanno nulla in comune con gli altri. Tra questi l’alalunga, l’alletterato, il biso, la lampuga, la palamita, il pesce spada e il tonno.

Come tutti ormai ben sanno, il pesce azzurro ha grassi caratterizzati prevalentemente da composti “insaturi”, in particolare quelli Omega 3, ritenuti dalla scienza moderna molto importanti per lo sviluppo cerebrale e la protezione di cuore e arterie. Il pesce fresco, riconoscibile dall’occhio vivo, la pelle brillante e le branchie rosse, fornisce un buon apporto di vitamine E e B e di sali minerali come il selenio, il fosforo, il fluoro e lo iodio.

Un piatto antiossidante come si dice adesso.

Come si conserva il pesce azzurro? Essendo più grasso, deve essere conservato nel modo giusto per evitare che si deleteri: va sviscerato e lavato prima dimetterlo nel frigorifero o nel congelatore dove è meglio avvolgerlo in una pellicola trasparente o riporlo in un contenitore chiuso per evitare cattivi odori. Può essere congelato in casa solo se acquistato fresco e passato poi immediatamente in freezer. Ma non è consigliabile tenerlo più di tre mesi proprio perché ha più grassi.

 

LE SPECIE PIÙ NOTE

Diverse, dicevamo, sono le specie che rientrano in questa categoria. La più conosciuta è l’alice, detta anche acciuga, un pesce “povero” che può essere mangiato da tutti in mille modi. Le alici vengono comunemente cucinate sott’olio o sotto sale, ma possono essere anche marinate con il limone o cucinate con il pangrattato. La vera squisitezza sono i ciacianielli, in italiano bianchetti, mentre il prodotto più trendy che si ricava dalle alici è la colatura, una salsa di pesce che i romani chiamavano garum e che speziavano in vario modo ottenendo un gusto molto forte. La tradizione è stata conservata per duemila anni nelle famiglie di Cetara, vicino Amalfi, e oggi riscoperta e rilanciata dalla ristorazione: la colatura di alici è ottenuta solo dal metodo di conservazione artigiana al termine del quale si ottiene questo liquido ambrato filtrato nei cappucci di lino e usato sugli spaghetti o sulle verdure. Un segreto gastronomico è aggiungerne un cucchiaio quando si cucinano i pesci insapori dell’Atlantico. Simile all’alice è la sardina, un’altra varietà di pesce azzurro molto diffusa nel Mediterraneo. è leggermente più grande e più grassa dell’acciuga e le carni sono sode e tenere, eccezionale per questo quando viene grigliata. Anche lo sgombro è un pesce azzurro; è un po’ meno digeribile perché contiene più grassi, quindi è anche più energetico. Solitamente si gusta alla griglia grazie al suo sapore molto deciso. Molto comune anche l’aringa, nutriente e ricca di sali minerali (soprattutto di fosforo e potassio). Viene consumata soprattutto affumicata.

 

TUTTI I SAPORI DEL TONNO

In questa categoria rientra ovviamente anche il tonno, un migratore di mare aperto che può raggiungere la lunghezza di circa tre metri e un peso di 700 chili. Sensibile ai cambiamenti termici e di salinità delle acque, effettua anche periodici spostamenti verticali e orizzontali. Vive in gruppi numerosi nella fase gregaria del periodo riproduttivo o isolato ed è un vorace predatore e veloce nuotatore.

Nella fase erratica gli animali si disperdono e si spostano verso maggiori profondità. La riproduzione avviene tra la metà di luglio e la seconda metà di settembre. è noto anche per riuscire a mantenere una temperatura corporea intorno ai dieci gradi più alta rispetto alla pelle, grazie a un sistema dei vasi sanguigni altamente sofisticato. Oltre i 40 chili di peso in genere è tonno rosso, se più piccolo è un alletterato, un’alalunga, una palamita o un biso che, pur essendo della stessa famiglia, hanno caratteristiche diverse, come diverse sono le carni a seconda della parte del corpo: la ventrale è più ricca di grasso e ha una consistenza più morbida rispetto alla dorsale. I muscoli rossi invece hanno un sapore più forte.

La preparazione più comune è sott’olio. Il pesce prima dissanguato, decapitato, sviscerato in acqua, tagliato a pezzi, viene bollito in acqua e sale per circa un’ora e mezza. Una volta bollito viene fatto asciugare nella “cannaria”, specie di barelle in legno composte di canne su cui si adagiano i pezzi per 24 ore in condizioni di temperatura normali. Dopo l’asciugatura viene tagliato a tranci e messo in scatola. Le scatole vengono riempite d’olio d’oliva e dopo un’ora chiuse ermeticamente e sterilizzate per circa un’ora e mezza. Una volta raffreddate si fanno stagionare in magazzino. Per affumicarlo, invece, si tolgono i filetti eliminando le costole. Il tonno, deposto su uno strato di sale marino macinato, viene cosparso con un centimetro di sale sulla parte più grossa riducendo lo spessore man mano che si avvicina alla coda. Si lascia così da un minimo di 12 ore a un massimo di 24 secondo le dimensioni. Se, dopo i tempi stabiliti, i tessuti risultano ancora morbidi al tatto lo si lascia ancora nel sale. Va poi lavato bene e quindi affumicato per 24 ore in fumo piuttosto forte per passare poi a un fumo più leggero e a una temperatura di poco superiore alla precedente.

Alcuni durante l’affumicatura aggiungono qualche goccia di olio per migliorare il gusto del prodotto. Molto ricercata è la bottarga. Le uova di tonno vengono messe in salamoia per un tempo che dipende dalle loro dimensioni. Successivamente si mettono sotto sale con un peso sopra, rigirandole quotidianamente e cambiando il sale. Dopo 15-20 giorni si tolgono dalla pressa, si lavano con acqua fresca, si asciugano al sole e al vento per uno o due giorni. Infine riposano in una stanza fresca.
Quando il prodotto è pronto per il consumo è di un bel colore rosa più o meno intenso, di sapore deciso. La bottarga si presta bene per la preparazione di stuzzicanti tartine o viene utilizzata sia grattugiata che a fettine per condire pastasciutte dal deciso sapore di mare. Su scala artigianale la bottarga viene prodotta in tutte le regioni che si affacciano sul Tirreno. Sembra che siano stati i Fenici ad inventarla, ma furono gli Arabi a diffonderla in tutto il Mediterraneo: “botarikh” significa uova di pesce salato.
Nel corso dei secoli, le piccole comunità di pescatori sono sopravvissute grazie al pesce azzurro, alcune hanno prosperato con la pesca del tonno. Per questo è uno dei pilastri della cucina e del palato di Capri oltre che di tutta la Campania. Oggi, riscoperto dall’alta ristorazione rappresenta una scelta sicura per il gusto, per la tasca e per la salute.

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