Che colonne!
Incorniciano scorci di paesaggio e si vestono di rampicanti fioriti. Sono i tipici colonnati dell’architettura caprese
di Tullia G. Rizzotti
A Capri il richiamo delle onde ha spesso una cornice d’eccezione: bianche colonne disposte nei punti più panoramici a ritagliare, evidenziandoli come quadri, settori di paesaggio. Già all’arrivo la colonna dà il benvenuto nella terrazza della Funicolare aperta verso Marina Grande, l’isola d’Ischia e il Monte Solaro.
L’eredità classica. Il colonnato ha una storia gloriosa. Nella breve stagione dorata che vide Capri residenza privata degli Imperatori è la villa romana ad allineare le colonne in armoniosi filari nell’ambulatio dei giardini. Il modello dell’ambulatio richiede grandi spazi, un lungo percorso rettilineo per scoprire camminando la bellezza costruita del viridario o spontanea del paesaggio circostante. A Villa Jovis, a Damecuta, nella dimora sottostante all’odierna Villa San Michele di Axel Munthe l’ambulatio di Tiberio si snoda dominante lungo il ciglio della rupe, vivendo a tratti di sola roccia, appena addolcito dalla vegetazione sul lato a monte. Nel Palazzo a Mare amato da Augusto la sfilata delle colonne marmoree, andata perduta, si immergeva tutta nel colore rasserenante di boschetti sempreverdi, dove la voce del mare arrivava attutita.
La colonna contadina e le residenze signorili. Alla decadenza dei Cesari seguì lo sfiorire delle splendide dimore abbandonate. I marmi pregiati, ostacolo alle coltivazioni, finirono ingoiati dalle calcare, le fornaci per la produzione della calce. I filari superstiti di colonne, pallidi fantasmi dello sfarzo passato, si rivelarono utili a sostenere la vite. La volta a botte delle cisterne e la colonna ridotta all’essenziale, senza scanalature e l’orgoglioso capitello, entrarono a far parte dell’architettura spontanea locale come elementi riconosciuti funzionali.
Un’anima di pezzi di roccia calcarea saldati con pozzolana modella la sagoma dello stelo impoverito e rivestito di semplice intonaco bianco. L’utilizzo è rustico: poche colonne a costituire la pergola della vite davanti a casa. La dimora-tipo del contadino ha un solo piano con volta a botte, cortiletto cintato e pergola. Nell’abitazione più spaziosa, a due piani, si inserisce la scaletta esterna di raccordo, in seguito un balconcino con due colonne per un’ulteriore pergola. E con questi elementi gioca la fantasia, per costruzioni uniche e candide sotto il sole.
L’arrivo, dall’Ottocento in poi, di stranieri innamorati di Capri ha trasformato dimore rustiche in residenze più ampie e signorili. Al colonnato è stata restituita la funzionalità estetica e in giardini curati e verdeggianti sono riapparsi i lunghi filari candidi, con la novità delle panche da riposo trasformate in fioriere. Nel primo Novecento Edwin Cerio, architetto e scrittore, ha firmato progetti di rara eleganza che incantano ancora.
Molti colonnati sono gelosamente celati all’interno di giardini privati ma parecchi sono visibili all’ingresso di macchie verdi meno fitte o godibili in alberghi di stile.
Dove ammirare i colonnati oggi. A Capri l’albergo La Certosella offre un giardino interno con colonnato progettati da Edwin Cerio. Dimora storica, nasce da un nucleo preesistente, una piccola casa acquistata nel 1880 e ampliata col nome “La Certosella” dal musicologo e librettista francese Camille du Locle.
Salendo verso Villa Jovis, lungo via Tiberio si incontrano due dimore inconfondibili. La prima è Casa Moneta, anticipata da un lungo colonnato all’ombra di pini secolari. Su originarie cisterne romane si sovrappose prima una piccola casa rustica, poi la sua trasformazione elegante di metà Ottocento ad opera del corso Giuseppe Bourgeois. Poco oltre, il giardino di Villa La Schiava inizia anch’esso con un colonnato d’ingresso e prosegue con terrazze a picco sul mare. Fu costruita a fine Ottocento per il pittore e paesaggista francese Cèlestin Gandais.
Ad Anacapri il colonnato più romantico è certo quello di Villa San Michele, voluto dallo scrittore svedese Axel Munthe a incorniciare lo splendore del Golfo di Napoli nella sua villa sorta sui resti di una delle residenze imperiali di Tiberio. L’hotel Bellavista, panoramico sul Golfo, è uno dei più antichi dell’isola. Ha un affascinante e sinuoso colonnato sempre traboccante di fiori e rampicanti. Altro splendido colonnato introduce all’hotel Al Mulino, nella quiete della campagna; circondato dal giardino-frutteto ricco di colori offre agli ospiti l’antica fattoria dei nonni dei proprietari ristrutturata con ogni comfort. L’antico quartiere de Le Boffe racchiude la settecentesca Casa Orlandi, con un colonnato all’ingresso. Abitata dal deputato Giuseppe Orlandi, che dotò l’isola nel 1877 della strada tra Capri e Anacapri, appartiene oggi all’Università Federico II di Napoli.
L’abito vegetale. Le essenze vegetali, arrampicate su pergolati e colonne, sono passate nel tempo dalle tinte sobrie di glicine, caprifoglio e pallide rose alle esplosioni sgargianti dei rampicanti tropicali. La violacea Bougainvillea spectabilis, detestata da Edwin Cerio, è ormai diffusa ovunque, come le fiammeggianti Campsis radicans, Tecomaria capensis, Tropaeolum speciosum. Riposano l’occhio i cerulei pallidi di Plumbago capensis, Thumbergia grandiflora e Solanum wendlandii e il tenero rosa della Podranea ricasoliana, come le nuove varietà pastello di Bougainvillea.
Il tocco di colore è indispensabile per portare vita sui colonnati ma con gusto e senza strafare. Il riferimento è ancora Edwin
Cerio: «L’architettura vegetale completa, col suo carattere decorativo, l’edilizia muraria: il giardino integra la casa. Nella decorazione vegetale v’è l’anima stessa del paesaggio ed il giardino, intorno alla casa, è la parte vivente dell’architettura che l’uomo deve intonare alla sua vita».
Le colonne di Edwin
«Le nostre semplici, robuste, massicce colonne capresi come le nostre contadine, prima che il busto di Parigi ne deformasse ed irrigidisse il torso, avevano tanta grazia naturale da poter rinunziare al lusso di un copricapo – il capitello – per operare la loro seduzione. Anch’esse – le colonne di pura calce bianca – furono costrette agli illeciti amori del calcestruzzo e del cemento armato, gli araldi dell’architettura “risanamento” e “rettifilo”. […] Nella buona società rusticana delle nostre oneste colonne villiche si erano insinuate le colonnine leggere, di facili costumi, con le scannellature pompeiane e la scollacciatura dorica». Edwin Cerio – da “Il giardino e la pergola nel paesaggio di Capri” (Le pagine dell’isola – collezione bibliografica caprense – Ed. Alfieri e Lacroix – Roma 1922)
I Parnasi di Capri
Parnaso era per gli antichi Greci la dimora delle Muse, ispiratrici delle arti. Tra i vari progetti di Edwin Cerio, due si concretizzarono in dimore tanto armoniose da diventare irresistibili per gli artisti. Nella Casa La solitaria a Capri, dall’inconfondibile rotonda belvedere bordata di colonne a picco sulle rupi del Pizzolungo, la grazia esile di colonne sparse e delle scalette di discesa a mare bilancia vari corpi massicci su livelli diversi. In affitto dal 1916 al 1924 allo scrittore Compton Mackenzie radunò i personaggi celebrati nei suoi romanzi, tra cui le “donne pericolose” come Renata Borgatti, pianista, e Romaine Brooks, pittrice. Ad Anacapri la villa Il Rosaio ha colonnati coperti a pergola che raccordano corpi isolati disegnando un villaggio immaginario. Il nucleo originario, una piccola casa contadina, fu poi lo studio di Cerio. Affittata a Compton Mackenzie anche dal 1914 al 1916 prima di diventare la residenza di Edwin Cerio, accolse sempre artisti di fama. Si susseguirono come ospiti i maestri Ottorino Respighi e Cilea, Ada Negri, Filippo Tommaso Marinetti, la Pavlova, Amalia Guglielminetti e molti altri, ricordati nell’opera di Cerio L’ora di Capri. Nel 1948 lo scrittore Graham Greene acquistò Il Rosaio frequentandolo per quarant’anni.
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