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Dove l’acqua è più blu

Una spiaggia di ciottoli bagnati dall’acqua cristallina, antiche memorie e un’accoglienza nel più puro stile caprese. Siamo ai Bagni di Tiberio

di Rossella Funghi

 

 

 

È bello arrivarci la mattina presto quando ancora i raggi del sole sfiorano il mare, quando ancora l’acqua non è increspata, quando si può godere dello spettacolo della natura come se fosse una messa in scena solo per noi. Qui la costa è ancora dolce e protetta dalla montagna, massiccia, che precipita nel mare profondo. All’orizzonte la magnifica sagoma del Vesuvio, a fare da quinta in fondo la silhouette di Ischia.

Aggrappato alle rocce e sospeso sull’azzurro mare i Bagni di Tiberio è uno stabilimento con una lunga storia che inizia quando l’imperatore Tiberio scelse di governare Roma da Capri. Una grande esedra, un ninfeo che si apre sul mare, i resti di alcune piscine e un piccolo molo sono le testimonianze ancora visibili di quello che era il quartiere marittimo dell’imponente villa imperiale di Palazzo a Mare, una delle undici dimore che l’imperatore si fece costruire sull’isola e dove amava soggiornare nella stagione estiva. Palazzo a Mare si estendeva su un’area molto vasta che oggi è per gran parte occupata da abitazioni private e ciò che rimane della villa fa da scenografico sfondo ai Bagni di Tiberio. E la storia di questo luogo scorre attraverso gli acquerelli dei tanti che hanno dipinto l’isola azzurra stregati dai suoi colori, come quello di Gabriele Carelli conservato alla Pinacoteca Casa Rossa di Anacapri e datato 1879. O sfogliando immagini in bianco e nero firmate Alinari che ritraggono bagnanti dai costumi rigati o quelle degli anni Sessanta, ormai un po’ scolorite ma che hanno contribuito a lanciare il mito di Capri.

Oggi la “spiaggetta” conserva intatte le mura di tufo e mattoni rossi che la circondano e la proteggono. Accanto, la lunga fila di cabine bianche rigate di giallo o di verde sovrasta i ciottoli che accolgono i lettini. Davanti, il via vai della barche che da Marina Grande vanno verso la Grotta Azzurra o quelle placide in rada a fare da cornice.

Al timone di questa scialuppa protesa sul mare c’è Carmine De Martino, 31 anni, caprese doc, una laurea in economia e in testa una scommessa da vincere. Negli occhi la luce e i sogni di un uomo che fa il suo lavoro con professionalità. E tanta passione. «Questo è un luogo che amo profondamente. E quando a un certo punto della mia vita si è trattato di scegliere dove dirigere il mio futuro, non ho avuto dubbi e ho gettato qui la mia ancora».

Lo sguardo di Carmine si posa un attimo sulla bandiera che sventola in alto. Sopra, le pennellate di colore dipingono voli di gabbiani e una scritta: Bagni di Tiberio da Costanza. Sì perché se alla guida di questa scialuppa c’è Carmine, l’anima che presiede a tutto qui è Costanza, la madre di Carmine. Minuta, sguardo vivace, è la regina della cucina. È dalla sua sapienza gastronomica che nascono i piatti freschi e genuini che si possono gustare sulla terrazza affacciata sul mare. Tubettoni alle cozze, spaghetti alle zucchine, ravioli al nero di seppia ripieni di gamberoni. E poi il mitico fritto alla Tiberio. Asciutto, fragrante. «Adoro cucinare. – racconta Costanza – Sono arrivata qui giovanissima e devo tutto ai mie suoceri, Margherita e Vittorio. Mi hanno insegnato tutto loro, quello che ho imparato ho poi cercato di farlo con il cuore. Il più grande segreto affinché le cose riescano bene. Cuore e passione, tanta passione». Costanza ha un sorriso e una battuta affettuosa un po’ per tutti. Perché qui tutti sono di casa. Intere generazioni di capresi e non hanno imparato qui a nuotare, fare i tuffi, pescare. In tanti hanno scambiato il primo bacio.

A Tiberio si arriva con una lancia che parte da Marina Grande ma nelle giornate di tempesta, quando il traghetto non funziona, ci si arriva a piedi in una dolce passeggiata tra orti e giardini. Si scendono i gradini che da Palazzo a Mare corrono giù tra il profumo dei gelsomini, il colore acceso delle buganvillee e i giardini abitati da limoni e fichi d’india. Ad accogliervi il piccolo esercito attento e premuroso dei Bagni di Tiberio. E un atmosfera che sembra essersi fermata nel tempo, anche se la zona è dotata di Wi-Fi e sotto gli ombrelloni più di un ospite ha tra le mani uno smartphone o un iPad.

E dopo una giornata fatta di sole, di bagni nell’acqua cristallina, di ore trascorse con lo sguardo perso sul mare, con la salsedine rimasta sulla pelle non rimane che restare seduti sulla riva aspettando che tramonti l’ultimo raggio di sole.

 

 

Come lei non c’è nessuna

Grandi, morbide, calde, fragranti. Soffici come una nuvola. Le “graffe” ai Bagni di Tiberio sono un’istituzione. Le sue origini sono austriache e il suo nome lo deve al più nordico krapfen, inventato dalla fornaia Veronica Krapf. Il loro segreto sta nella lievitazione che deve avvenire in più tempi e quelle che si mangiano qui sembrano ancora più soffici e gustose delle altre. Il perché non sta solo nella lievitazione però. Costanza, che le prepara ogni giorno, dice che il vero segreto delle sue graffe è nella lavorazione fatta con le mani. Mani che devono “sentire” il punto giusto di impasto. Se qui non le avete mai assaggiate concedetevi questo piccolo peccato di gola. Il soffice anello con il lamé di zucchero che si annida intorno a tanti evocherà ricordi d’infanzia.

 

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