02Il capitano a Capri

Come ogni anno Fabio Cannavaro è approdato sull’isola dove molti anni fa aveva sognato di giocare in Nazionale

di Daniele Autieri

 

 

 

 

 

È il 3 luglio 1990. La cornice, quella calda e festosa di Napoli, ma è lo Stadio San Paolo il tempio dove guardano gli occhi di tutto il mondo. Lì “el pibe de oro”, Diego Armando Maradona, con la sua Argentina dà il colpo di grazia alla Nazionale di Azeglio Vicini nella semifinale dei Campionati del Mondo. Gli sguardi sono tutti puntati sui fuoriclasse delle due formazioni, ma sono altri i campioni presenti allo stadio. Tra i raccattapalle, un giovane diciassettenne napoletano, svezzato sui campetti in terra di Fuorigrotta, cresciuto nell’Italsider di Bagnoli e approdato al Napoli vincendo il Campionato Allievi nel 1987. Alcuni raccontano che, in allenamento, si fosse reso protagonista di qualche entrata dura sulle caviglie del suo idolo Diego. Ma ai rimproveri dei dirigenti sono seguiti subito gli incoraggiamenti di Maradona: «Bravo, va bene così».

Sono questi i natali calcistici di Fabio Cannavaro, cuore azzurro (quello scolorito del Napoli, prima, e quello intenso della Nazionale, poi), secondo di tre figli e amante del calcio fin dagli anni della sua adolescenza.

Da allora, lo spirito partenopeo del campione del mondo e capitano della Nazionale resta un tratto distintivo del suo carattere, stampato nello sguardo e ribadito con forza in ogni sua dichiarazione: «Festeggiare la vittoria ai Mondiali in piazza del Plebiscito – racconta – è stata un’emozione unica. Sono venuti in tantissimi a salutarmi, anche se non sono né un artista né un cantante». Un omaggio sentito, quello di Cannavaro alla sua città, ma anche un ritorno a casa, a quel rifugio che ogni anno ha ospitato quegli attimi interminabili che segnano il confine tra una stagione e un’altra. Questo è stato anche il significato del suo rapporto con Capri, dove il Capitano della Nazionale trova riparo dai flash protetto dagli amici di sempre.

Così, come ogni anno, anche quest’estate il riposo del guerriero è passato per i Faraglioni. è sull’isola che Cannavaro ha scelto di festeggiare il compleanno della moglie Daniela riunendo a Palazzo a Mare, il luogo preferito da Augusto Imperatore, gli amici più cari. Una scelta non casuale perché fu proprio la limonaia di Paolino la sede scelta, il 30 giugno 1995, per premiare con un viaggio il giovane difensore della nazionale militare e del Napoli, Fabio Cannavaro.

Così i ricordi si intrecciano, i desideri si trasformano in realtà e le aspettative del passato si confondono con i successi del presente. Sembra passata una vita da quando, attraversando per la prima volta, sul gozzo di Vittorino, l’arco dei Faraglioni, Fabio espresse come desiderio di giocare nella Nazionale.

 

Da scugnizzo a capitano

Evidentemente qualcuno, lassù, lo stava ascoltando perché da quel felice soggiorno caprese il roccioso difensore sarebbe presto divenuto uno dei giocatori più apprezzati al mondo, vincitore di diversi titoli e bandiera dell’Italia calcistica. A distanza di anni, ricordando quegli inizi, il capitano della Nazionale torna a commentare il suo ultimo e più importante successo: «Questo risultato ci ha ripagato di tutti gli sforzi fatti in questi anni. Nei giorni che hanno seguito i festeggiamenti mi sono reso conto dell’affetto della gente, che è quasi impazzita di gioia. Siamo felici di aver regalato questo trofeo all’Italia e a tutti i tifosi. Abbiamo riavvicinato la gente al calcio e alla Nazionale, siamo soddisfatti soprattutto per questo».

Ma quando le luci della ribalta si spengono e gli spalti si svuotano, anche il gladiatore cerca la pace nella sua terra. «è stata un’annata indimenticabile – racconta Fabio – ma sicuramente faticosa, e un po’ di riposo con la famiglia mi è proprio servito». Così il giovane “scugnizzo” ha acceso i motori del suo Crimar (lo yacht che prende il nome dalle iniziali dei tre figli, Cristian, Martina e Andrea) ed è salpato alla volta della sua Capri.

«Dopo la festa in piazza del Plebiscito – ricorda – siamo subito andati a Capri a festeggiare il compleanno di Daniela e di Cristian, prima di dirigerci verso la Grecia».

Capri attendeva il suo campione e, dopo la cena di rito a base di pesce fresco del golfo, Cannavaro insieme al suo amico e vice di Lippi, Ciro Ferrara, sono andati a festeggiare alla taverna “Anema e Core”.
I due giocatori, accompagnati dalle mogli e dai due amici marinai capresi Armando e Peppino, si sono poi fermati al chiosco di Scialapopolo e al Musmè, prima di rientrare in barca.

 

Sull’isola per festeggiare

«Siamo venuti a Capri per festeggiare insieme ai nostri tanti amici – ha detto un entusiasta Ferrara – ed è stata la festa di tutti. Sapevamo di poter vincere e ci abbiamo creduto fin dall’inizio».

Proprio insieme a Ciro, altro grande difensore in azzuro dal quale Fabio racconta di aver rubato i segreti del mestiere, Cannavaro ha creato una fondazione che aiuta i ragazzi napoletani in difficoltà.

Ora il capitano della Nazionale ha lasciato il suo rifugio caprese. Il futuro lo ha portato al di là di quel mare, in una nuova città, accolto da una nuova squadra e coccolato da un altro presidente. «Cannavaro è nato per giocare nel Real Madrid – ha detto con soddisfazione Ramon Calderòn, patron delle “merengues” – ed è un numero uno come giocatore e come leader».

Il suo futuro è in Spagna, il passato diviso tra Torino, Milano, Parma. Ma la sua vita è il Golfo e quei luoghi magici dove un ragazzo poco più che diciassettenne decise di entrare in scivolata sui suoi sogni per realizzarli tutti.

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