Il signore degli strumenti
È Almartino, il musicista di Anacapri che colleziona, fabbrica e suona centinaia di strumenti musicali. Con una passione per quelli a fiato
di Antonello De Nicola
Discendente di sirene omeriche, costruttore di pentagrammi, incantatore a percussione, allevatore di flauti giganti, arrangiatore di arti varie, esploratore di abissi musicali. Sembra uscito da un libro di favole Almartino, il musicista di Anacapri che da 30 anni compone musiche da ascoltare a cielo aperto. Meglio ancora, se seduti sullo scoglio di Punta Carena durante una giornata di vento. La storia di Pasquale De Martino, suo vero nome all’anagrafe, come ogni favola che si rispetti inizia da un misterioso ritrovamento.
«Ho sempre avuto la passione per la musica – racconta Almartino – e credo che faccia parte di me. Da piccolo mi affascinavano le colonne sonore dei film, i primi sintetizzatori e le tastiere elettroniche, i famosi moog. Un giorno, guardando sotto al letto del mio maestro di piano, Michele Russo, trovai un vecchio sassofono abbandonato. Fino a quel momento, avevo sempre pensato al sassofono come ad uno strumento d’oltre oceano e mai avrei pensato di vederne uno sull’isola. Ero affascinato e lo avevo a soli due passi. Il maestro mi propose di imparare a suonarlo e da quel giorno non ho più smesso».
Il piccolo Al inizia a studiare pianoforte a 13 anni, per poi dedicarsi all’età di 21 al sassofono, che considera la voce del suo stato d’animo. Dodici anni dopo, viene folgorato da flauto e hang, dischi metallici percussivi, armonici e melodici. Ancora oggi, a 43 anni suonati divinamente, non smette di perfezionare l’arte degli strumenti a fiato. «Il suono dei flauti etnici mi affascina più di ogni altra cosa. Ho 200 pezzi provenienti da ogni parte del mondo ma non si tratta di una semplice collezione. Contatto direttamente gli artigiani fino a personalizzare i flauti. I più pregiati sono sicuramente quelli giapponesi, che mi faccio prima inviare in prova, proprio perché ogni flauto esprime una musica diversa. Particolarmente importanti sono anche i flauti costruiti nell’India del nord, Cina e Irlanda. Basti pensare che durante i miei concerti arrivo a suonare anche 12 flauti diversi».
Il richiamo della musica etnica, lo spinge a costruire strani flauti con fori asimmetrici, che arrivano a misurare anche un metro e 80 centimetri, intagliati manualmente da bambù giganti da vedere, toccare e annusare. Almartino incanta prima ancora di suonare: capelli lunghi e brizzolati, viso scavato e anima vagante vestita di bianco.
«La ricerca del suono e le diverse caratteristiche che contraddistinguono gli strumenti, mi permettono di entrare in un altro mondo. Per modellare i miei flauti, cerco nei vivai alcune varietà di bambù particolarmente adatte. Mi piace l’idea che ogni flauto sia un pezzo unico, senza la possibilità di essere riprodotto e con varie scale musicali. Mi occupo personalmente anche della decorazione perché il mio spirito di viaggiatore si manifesta nella musica, attraverso strumenti costruiti in ogni parte del mondo». Almartino si lascia contaminare anche da altri generi artistici che trovano ispirazione nell’isola di Capri. Nascono, così, le collaborazioni con il fotografo isolano Umberto D’Aniello, autore delle foto pubblicate nei suoi cd, con il cubano Pascal Martinez, con cui suona nel gruppo Cibum Cibum, con il gruppo jazz anacaprese Soul Serenade Band e con Salvatore Vivo, tecnico video che lo riporta al cinema, suo primo amore. E i risultati non tardano ad arrivare. Nel 2011 presenta il cortometraggio ambientato ad Anacapri intitolato La lama nell’ombra, occupandosi di sceneggiatura, montaggio e colonna sonora, e ricoprendo il ruolo di attore protagonista.
«Tra i prossimi progetti, un nuovo cd con pianoforte, sax e flauto che sto registrando ad Anacapri nel Martin Studio, il mio studio di registrazione dove lavoro anche come tecnico del suono e arrangiatore. La musica è alla base della mia sensibilità e mi aiuta ad esprimermi anche nelle arti varie. Sto già lavorando ad altre sceneggiature che vorrei realizzare, accompagnate da stili musicali diversi, come la vita».
Sono trascorsi 30 anni e Al non ha mai smesso di ascoltare la voce del suo sassofono. Non di rado è possibile incontrarlo a Punta Carena, lungo i sentieri dei Fortini, a Tragara, sul Monte Solaro e a Damecuta, mentre si dedica a passeggiate musicali. La sua isola incontaminata, fatta di vento, gabbiani e canzoni del mare, è diventata una colonna sonora registrata nei momenti di solitudine.
«È la terra dove sono nato. Mi piacerebbe trasmettere ai giovani isolani il piacere di suonare e cantare come momento di aggregazione, continuando sempre ad essere se stessi e senza imitare gli altri, anche a costo di fare molti errori. Sono soddisfatto di tutto quello che sono riuscito a fare in questi anni senza compromessi, seguendo la mia strada e rinunciando ad obiettivi forse troppo lontani. Cerco semplicemente di appagare la mia anima e di raggiungere altre anime sensibili».
Note da collezione
Almartino ha imparato da solo a suonare gli strumenti a fiato. Nel suo studio di registrazione, composto da 6 computer interfacciati via midi, custodisce una preziosa collezione con 296 pezzi – tra flauti, cornamuse e ocarine – provenienti da ogni parte del mondo: Cina, Giappone, India, Armenia, Slovenia, Irlanda, Cile, Bolivia, Argentina, Perù. Affascinato dalla musica indiana, ha una predilezione per il bansuri, flauto traverso indiano di bambù, e costruisce e decora manualmente flauti giganti con fori asimmetrici. Sono flauti di un metro e 80 centimetri di altezza, fino a 6 centimetri di diametro. Inoltre, possiede 5 hang, strumento percussivo, armonico e melodico dalle infinite sfumature sonore, 11 sax, tra cui alcuni molto rari come un Buffet del 1885 e un Conn del 1909, e 8 sintetizzatori.
Torna a sommario di Capri review | 32