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Il signore del tennis

intervista a Roberto Russo

 

Quelli appena trascorsi sono stati mesi intensi per il patron del tennis caprese, Roberto Russo. Prima l’impegno nel Campionato di Serie A culminato con l’inattesa vittoria, poi l’attivismo nella nuova campagna acquisti per ribadire la forza e la voglia di vincere della squadra, e infine l’avvio di una serie di iniziative e progetti, indirizzati soprattutto ai più giovani e volti alla diffusione del tennis e all’amore per la sua disciplina. Un impegno ambizioso, che il presidente del Capri Sport Academy si è caricato interamente sulle sue spalle, forte di un record unico: aver tirato su in pochi anni una squadra vincente capace di riportare dopo oltre mezzo secolo il titolo di campioni d’Italia in Campania.

Lei è ormai divenuto il simbolo del tennis caprese. Da dove nasce la sua passione per questo sport?


«Nasce da molto lontano, da quando avevo otto anni e gli sport da praticare a Capri erano solo due: il calcio e il tennis. Oggi che ho 48 anni posso dire di aver vissuto alcuni dei periodi e delle storie più belle del tennis italiano. Nel 2000, poi, il mio rapporto con questo sport si è fatto ancora più stretto. In quell’anno, infatti, ho rilevato il prestigioso Capri Sport Academy, i cui campi storici risalivano al 1930, con la volontà di rilanciare e rimettere in piedi una squadra vincente. In cinque anni, saltando molte delle tappe previste, siamo prima passati dalla Serie B a quella maggiore per poi vincere lo Scudetto nazionale».

Qual è il segreto di un successo che in così breve tempo ha trasformato il tennis caprese in un modello per tutti gli appassionati italiani?

«La nostra strategia si è basata su una regola semplice e chiara: applicare le regole d’azienda all’interno dell’attività sportiva. Inseguendo questo obiettivo, abbiamo aperto le porte del Capri Sport Academy a professionisti e manager con grandi competenze e qualità eccellenti. Abbiamo adottato procedure ed esperienze vincenti prendendo come esempio il modello calcio. In definitiva quello che abbiamo fatto è stato trovare uno spirito pionieristico e trasformarlo in un’attitudine professionale sensibile all’innovazione e alla cultura dello sport».

Questo stato di pregresso arretramento può considerarsi un elemento distintivo di tutto il tennis italiano?

«Sicuramente, nel corso degli ultimi venti anni, il tennis ha sofferto e continua a soffrire a causa di una gestione che non lo pone al centro degli sport italiani, nonostante abbia un enorme seguito di pubblico. Da un lato questo può essere legato alla scarsa attenzione del mondo dei media, pronto a dare risalto ad altri sport, dall’altro anche al mancato impiego di finanze da parte dei club che dovrebbero determinare il successo di una società».

 All’interno della sua squadra qual è il rapporto con il gruppo e con i giocatori?


«Il nostro è ormai un legame che potrei definire familiare. Quando iniziò quest’avventura ci siamo messi intorno a un tavolo e ho spiegato loro quale era il mio progetto e i miei obiettivi. Hanno creduto in me e i risultati sono arrivati».

Nonostante tanti successi cosa è scritto oggi nel futuro del Capri Sport Academy?


«Il mio sogno è quello di creare un’Accademia sulla nostra isola, dove a tutti venga riconosciuta la possibilità di avvicinarsi al tennis. Questo non è uno sport d’élite, ma anzi deve essere un’opportunità disponibile a tutti. Per questo stiamo cercando delle sponsorizzazioni che ci aiutino a trovare quei fondi necessari per avviare il progetto».

La sua esperienza dimostra che Capri ha ancora enormi potenzialità che devono essere espresse…

«Sono convinto che l’isola negli ultimi trent’anni abbia espresso un decimo delle sue potenzialità. Capri è un marchio conosciuto in tutto il mondo, forte di risorse infinite che spaziano dalla vela al tennis, fino al turismo e alla sua storia. Per sfruttarle al meglio basta lavorarci e crederci ancora».

 

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