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Incanto tra mare e cielo

Lontana dalla folla e immersa nella natura.

La valletta di Cetrella con il suo eremo regala emozioni dimenticate

di Raffaele Lello Mastroianni

 

 

 

Un luogo particolare, un ecosistema perfetto o, forse, solo una magica, generosa illusione. Ciclamini o ginestre, orchidee o castagne, l’incanto è sempre totale quando si approda nella valletta di Cetrella.

Improvvisamente ci si trova immersi in un’atmosfera avvolgente che ignora le mezze misure, perché tutto qui è assoluto, portato al massimo senza limiti e moderazione. Perché Cetrella è essenza della semplicità vitale e dona tutto quello che davvero serve. Nulla manca e nulla le manca nel suo essere un piccolo mondo dove l’uomo è relegato al ruolo di ospite, gradito ma esterno e provvisorio.

Cetrella è come una nuvola, uno stormo di rondini, una mongolfiera che sorvola Capri e l’isola, vista da quassù, appare in tutta la sua naturale bellezza e la distanza ne sfoca le cicatrici, tacita i rumori e ne sopisce i dolori.

Anche i Faraglioni si riappropriano del loro essere di roccia e privi di oleografia si concedono da un dirupo, da una finestra, sorridono dall’orizzonte di un terrazzino che riappacifica con il mondo. E il mare, che si stende all’infinito, ritorna libero e in coro con i gabbiani dialoga con il cielo.

L’eremo esprime una sua misticità quasi laica. La piccola navata, la sobrietà dell’altare, la ruvidezza dei ceri sfociano nella divinità di una finestra che regala la semplice complessità della bellezza del creato. Tutto è mistico e nel contempo complice e immediatamente disponibile. L’eremo accoglie l’ospite con spazi di preghiera e luoghi di piaceri essenziali, antichi e ormai desueti.

Colpi di gomito sulla pompa fanno affiorare l’acqua piovuta dal cielo per poi mutarla nel migliore caffè al mondo, il piccolo forno e il focolare creano cibi semplici dal gusto antico e smarrito. Spaghetti profumati, pizze e frittelle che nessun magico cuoco mai potrà creare altrove. Atmosfere tenere e impagabili, odori inebrianti, sapori di una bellezza stupidamente ripudiata.

In un attimo e per un attimo fugace Cetrella restituisce la bellezza della semplicità, della naturalezza, delle motivazioni dello stare al mondo. Vecchie pentole, legna nel focolare, caffettiere di ogni statura e fattura. Mattonelle, bottiglie, secchi, luce, azzurro infinito, orchidee, pergolati, silenzi da sogno. Anche le candele nella cappella si adeguano alla secolarità operaia e ritte nei colli di bottiglia lampeggiano, illuminando le spartane camerette, il delizioso refettorio, il piccolo bagno.

Qui l’energia elettrica quasi non esiste. Il generatore serve per la vecchia luminaria che ogni tanto si accende lassù per rasserenare gli isolani laggiù, per dire loro che in caso di bisogno Cetrella c’è, lontana quanto necessario, vicina quel tanto che serve per farsi vedere e poter soccorrere e confortare.

Diverse le strade per arrampicarsi in valle, tutte non molto agevoli e tutte stupende. A volte viene quasi voglia di desiderarle più inaccessibili e difficili che tanta è la paura che la stupidità umana possa uccidere questa gemma, violandone la primordiale naturale integrità.

Ma Cetrella è anche lo stupore di trovare anziani claudicanti saliti per la messa. È la religiosità forte di vecchie donne, il lavoro di uomini che sgobbano con l’entusiasmo di bambini che giocano. Gli occhi buoni del cane che chiede di perdonare lo sparo del cacciatore. È la rugiada sui legni, il mare di ciclamini che si fatica a non calpestare, i ricci dei castagni, i cartelli protettivi dell’Associazione dei suoi amici.

È l’emozione che riprende ogni volta, di nuovo, come fosse la prima.

Cetrella è quel che potevamo essere e non siamo. Cetrella è, per dirla con Fossati, un tempo da sognare che andava sognato. Forse è un dono, uno spettacolo, un salvavita. Di sicuro è il luogo che ci fa ritrovare da soli il meglio di noi stessi, le vecchie passioni, i perduti sentimenti, i sogni abbandonati che non abbiamo difeso. Cetrella è un monito, un’ampolla d’acqua pura, una biglia di vetro che ci riporta bambini, una bolla di sapone con l’arcobaleno dentro. Il fossile, la reliquia, di quello che non siamo stati capaci di conservare, di meritare.

È l’anima buona di Capri, il posto più bello e limpido dell’isola più bella.

 

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