foto08La casa nella roccia

Luogo di riunioni conviviali o ritrovo per incontri proibiti? Storia e leggende della grotta di Fra’ Felice

di Salvatore Borà

 

 

 

 

La grotta di Fra’ Felice si trova immediatamente sotto i ripidi strati rocciosi dei Giardini di Augusto. Come ci informa la Rassegna del Centro archivistico e documentario dell’isola di Capri diretta da Peppino Aprea, prende il nome dal nobile portoghese Consalvo Bareto che nel 1528, fattosi frate e preso il nome di Fra’ Felice, visse quasi vent’anni da eremita in questa grotta, dopo aver svolto un ruolo importante all’interno del Monastero della Certosa di San Giacomo. Nel 1548, ormai vecchio e bisognoso di cure e di assistenza, rinunciò a quelle che gli offriva il priore della Certosa e volle recarsi a Napoli per assistere, invece, gli infermi dell’Ospedale degli Incurabili. Il Kyrle ne Le grotte di Capri, la riporta come una nicchia senza speciali particolarità. Accanto alla grotta principale, separata da una costa rocciosa in cui è aperta, si trova una cavità lunga due metri. Subito a destra se ne trova un’altra quasi semisferica che si raggiunge dopo parecchi gradini. Per accedervi basta superare un piccolo cancello che si apre a sinistra, dopo il sesto tornante dell’attuale via Krupp. Inizia da qui una gradinata in discesa che svolta subito dietro la rupe e porta a una terrazza a picco sul mare. Nel suo complesso, la grotta sembra essere stata rimaneggiata dalla mano dell’uomo. Per la sua consistenza, essa non corrisponde alla descrizione che il viaggiatore francese Jean Bouchard fece nella sua relazione del 1632 nella quale, parlando delle celle dei monaci, riferiva che «… un vecchio matematico vivente aveva scavato per più di cinque passi nella roccia creando diverse stanzette e corridoi, tagliando inoltre nella stessa roccia più di cento scalini che scendono fino alla scogliera e tutto con le sue braccia, senza l’aiuto di nessuno. Aveva speso più di trent’anni del suo tempo per questo lavoro». Per ragioni di date, “il vecchio matematico” non poteva essere Fra’ Felice, ma qualche altro monaco che aveva scavato la sua cella possibilmente in una cavità lungo il costone roccioso franato poi nel 1808 e che trascinò con sé una torre che ostruì la sottostante Grotta Oscura e che forse cancellò le tracce della scala intagliata nella roccia. Dopo la partenza da Capri di Fra’ Felice, essa rimase abbandonata e fu riscoperta per caso nel 1900 dal pittore Albert G. White che l’additò all’armatore Alfred F. Krupp che aveva acquistato tutto il fondo Certosa, cioè i terreni circostanti il monastero fino all’attuale Parco Augusto, per poter realizzare la meravigliosa strada verso Marina Piccola che ancora porta il suo nome. Krupp incaricò il suo segretario Martoz e gli amici Albert White e Arturo Cerio di rendere la grotta possibilmente praticabile. In poco tempo il romitaggio fu reso abitabile e la terrazza fu ornata con colonne pompeiane, su progetto dell’ingegner Emilio Mayer, divenendo un luogo di riposo e di pace come recitava la scritta che venne apposta all’ingresso: «Parva somus, magna quies». Venne poi arredata in maniera alquanto claustrale: un tavolo e delle sedie intagliate di stile gotico; alle pareti furono appese alcune graziose imitazioni di pergamene scritte e dipinte da Edwin Cerio e in fondo, poi, fu posto un ritratto di Fra’ Felice, trovato in una cisterna e restaurato dallo stesso White. Intorno al dipinto figuravano un’ombrella e una scopa alabarda con la quale il frate avrebbe spazzato via i corsari barbareschi dell’isola, la campana che egli suonava al loro apprestarsi, un telescopio con il quale ne spiava i movimenti e tanti altri arnesi curiosissimi. Furono sparse dappertutto copie del libro di Gregorovius Die Insel Capri e in un angolo fu posto un lettuccio in capo al quale vi era una tela raffigurante una specie di caricatura della Tentazione di Sant’Antonio di Domenico Morelli: una allegoria di Fra’ Felice tentato dalla carne. L’armatore non volle tenere la grotta per un suo uso particolare, ma la mise a disposizione dei suoi amici che così potevano avere un punto di ritrovo per studiare, fantasticare, scrivere, dipingere, praticare la caccia alle quaglie, fare delle scampagnate e riunirsi per incontri conviviali. Essa, comunque, poteva essere visitata da chiunque, a richiesta. Molti, però, inclini a vedere il male dappertutto, non credettero che Krupp avesse attrezzato una caverna solo per riunirsi a convito con i suoi amici che furono, oltretutto, illustri scienziati quali il Dohrn, i naturalisti Lo Bianco e Ignazio Cerio, il celebre medico Schweninger, il dottor Cuomo, i pittori Lovatti e White, gli ingegneri Edwin Cerio e Wisener, ma anche semplici artigiani come il barbiere Adolfo Schiano e il pescatore Antonio Arcucci. Se si riunivano in un antro, dovevano sicuramente commettere qualcosa di losco come fu detto per l’imperatore Tiberio che per «antri ed anfratti dava sfogo alle sue lussurie». Nacque così la leggenda che la grotta di Fra’ Felice era diventata una “esclusiva Sodoma” ove ragazzini capresi venivano assoggettati «alle sofisticate tenerezze del suo anfitrione» come riferirono le interessate cronache del tempo che contribuirono a montare quello “scandalo”, tutto politico, che costrinse Krupp ad abbandonare l’isola e forse a morire di crepacuore. Dopo la morte dell’armatore, la grotta rimase nuovamente abbandonata. Solo nel 1959 l’architetto Pietro Bottoni e la moglie Guidi, riscattarono le rovine dall’oblio, recuperandole per «conservare questi luoghi all’ammirazione dei poeti», come si legge nell’insegna murata al termine della discesa. La grotta è stata recentemente restaurata dal Comune di Capri e restituita al pubblico mediante visite guidate.

 

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