memoria_isola_33La memoria dell’isola

Un antico palazzo adiacente alla Piazzetta ospita il Museo Cerio, un luogo dove si può scoprire la storia antica di Capri

di Anna Chiara Della Corte

 

 

 

Dalla formazione delle prime rocce all’insediamento degli imperatori Romani. Dai coralli fossili alla lucertola azzurra. Sono le tante tappe della storia di Capri che si possono scoprire visitando il Museo Ignazio Cerio, una delle principali istituzioni culturali dell’isola. Un bene comune, risultato di un amore incondizionato per Capri tramandato da ben quattro generazioni.

A ridosso della Piazzetta, proprio accanto all’ex Cattedrale di Santo Stefano, il museo è ospitato in un edificio del XIV secolo appartenuto alla famiglia Arcucci ed è parte integrante del Centro Caprense Ignazio Cerio, eretto ad ente morale con decreto del Presidente della Repubblica il 20 ottobre 1949. Quel “caprense” è un latinismo, una forma dotta di “caprese” a voler sottolineare quanto l’istituzione custodisca e valorizzi il patrimonio dell’isola, incoraggiandone studi e ricerche.

Quattro le sale del museo dove sono ospitati circa 20.000 oggetti suddivisi per argomento di studio. La sala geo-paleontologica e quella di preistoria e protostoria

offrono l’opportunità di comprendere l’origine di Capri attraverso lo studio degli organismi fossili rinvenuti nelle sue rocce. L’era che va dal IV millennio circa fino all’VIII secolo a.C., cioè dal Neolitico fino al periodo in cui i coloni greci fondarono Cuma, rivela come l’isola facesse parte di un sistema di comunicazione marittima piuttosto esteso. Scavi effettuati nella Grotta delle Felci hanno riportato alla luce del materiale ceramico di importazione e il ritrovamento frequente dell’ossidiana, un vetro vulcanico assente a Capri, isola di origine calcarea, attestano come fosse attiva fin dal IV millennio a.C. una rete di collegamenti con l’arcipelago pontino e con le isole Eolie.

Nella sala di archeologia classica sono invece riuniti i reperti databili al I secolo dopo Cristo, cioè alla prima età imperiale e dei quali è possibile osservare le tecniche di fabbricazione e l’utilizzo. La sala dedicata alla biologia conserva numerosi organismi animali, marini e terrestri caratteristici dell’isola il più famoso dei quali è sicuramente la Podarcis sicula coerulea, la lucertola azzurra che si trova ancora oggi sui Faraglioni.

Insomma, un luogo dove vive e si tramanda la memoria storica dell’isola. Dove passato, presente e futuro sembrano assumere gli stessi confini, grazie allo studio appassionato e al tenace desiderio di conoscenza dei suoi soci e di tutti coloro che lo animano e lo sostengono quotidianamente.

 

Pagine capresi

Libri antichi e moderni, manoscritti, carte geografiche, fotografie, giornali, spartiti musicali, opuscoli inerenti Capri sotto i più disparati punti di vista sono conservati nella biblioteca del Centro Cerio. Aperta al pubblico nel 1960 per volontà testamentaria di Edwin Cerio oggi ospita oltre cinquemila pezzi. Il cuore “pulsante” della biblioteca è formato dai testi e documenti di Ignazio Cerio e di Carlo Bonucci (1799-1870), archeologo napoletano, parente dei Cerio e comproprietario del Palazzo di famiglia. Tra le letture più preziose, è possibile ritrovare i Diari del Grand Tour, opera dei viaggiatori europei che a partire dal XVII secolo sbarcarono sull’isola e ne descrissero la storia, le bellezze naturali, gli abitanti. L’emeroteca conserva un’ampia rassegna stampa sull’isola di Capri, con articoli tratti da quotidiani e da riviste sia italiani che stranieri a partire dal 1769, oltre ad intere annate di periodici locali da Le pagine dell’isola di Edwin Cerio a Capri Segreta diretta da Marino Turchi, dal Caprifoglio del giornalista Achille Ciccaglione fino a quelli attuali.

 

Che famiglia!

Abruzzese di nascita, Ignazio Cerio approda a Capri nel 1869 dove resterà per tutta la sua vita che dedicherà all’isola, come medico e come studioso, tanto da essere definito spesso “una miniera” di informazioni in ogni questione riguardante il clima, la storia, l’archeologia e la fauna caprese. Uomo eclettico, appassionato di preistoria e scienze naturali, per oltre cinquant’anni collezionò conchiglie, fossili, rocce, piante e reperti promuovendo studi scientifici e intrattenendo rapporti con i più grandi studiosi del tempo. Tra le sue “imprese” più significative ci sono gli scavi archeologici nella grotta delle Felci, nel sito delle Parate e in quello del Grand Hotel Quisisana, grazie al quale fu rinvenuto anche un molare di Mammut, ancora in ottimo stato ed esposto in una delle bacheche del museo. Il figlio di Ignazio, Edwin, a 45 anni, decise di lasciare la professione di ingegnere navale e di trasferirsi a Capri, che tanto amava e di cui divenne primo cittadino nel 1920. Si dedicò all’isola soprattutto grazie alle attività promosse con il Centro Caprense, insieme alla cognata Mabel Norman. La cifra comune di tutto il percorso di Edwin fu la salvaguardia delle bellezze naturali, la lotta severa contro le mistificazioni di quello che egli stesso battezzò come “lo stile di Capri”. Fu tra i primi a denunciare le speculazioni edilizie da parte di costruttori senza scrupoli e riuscì a sprovincializzare una realtà come quella caprese ancora sostanzialmente arretrata e periferica, a dispetto delle colte frequentazioni dei decenni precedenti e nonostante il ruolo che andava conquistandosi quale meta turistica sempre più privilegiata. Sulla sua stessa scia la figlia Laetitia, presidente a vita del Centro Caprense fino al 1997 (anno della sua morte), che promosse manifestazioni culturali di valenza nazionale e internazionale.

 

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