gastelLa poesia in un volto

I ritratti degli abitanti di Capri interpretati dall’obiettivo un grande fotografo

 

incontro con Giovanni Gastel di Silvia Baldassarre

 

 

 

Cosa sta diventando la fotografia per il mondo contemporaneo? Per alcuni una moda, per altri compulsione, per altri ancora mania di protagonismo. Ma per Giovanni Gastel, presidente dell’Associazione fotografi italiani professionisti, «più gente fotografa e meglio è. Il movimento non è mai stato così vivo, la fotografia sta diventando un linguaggio di interscambio internazionale e questo non può che farmi piacere».

E proprio Giovanni Gastel è il protagonista della sesta edizione del Festival di fotografia organizzato dalla Fondazione Capri. Con il titolo Ritratto di un’isola, le stanze della Certosa di San Giacomo ospitano la mostra dedicata ai volti degli abitanti dell’isola, uomini e donne protagonisti della vita di Capri e Anacapri fotografati da uno dei più quotati fotografi italiani.

Ma cos’è oggi la fotografia?

«È un potente mezzo di comunicazione. Tutto quello che abbiamo fatto prima, anche io stesso, è già archeologia fotografica. Questo modo di fotografare è il futuro, anche grazie alla diffusione molto ampia del mezzo. È ovvio comunque che le grandi fotografie continueranno a fare la differenza. Il bello è che tutti adesso usano questo linguaggio, infatti amo molto anche le fotografie scattate con i telefonini perché riescono a esprimere cose che l’alta definizione non riesce a dire. Spero anzi che in futuro vada meglio di così e che la diffusione del mezzo fotografico sia ancora maggiore di quella che è adesso».

E cos’è per lei la fotografia? Un lavoro, un modo di essere, un’eterna ricerca…

«È un po’ tutto, ma la verità è che non mi interessa neanche tanto. Io so che se fotografo sono molto felice, se non fotografo non lo sono. È come se non avessi scelta, è un bisogno, una necessità di comunicazione come la poesia, che è un’altra delle forme espressive che amo. Quella che poi sarà la mia fotografia, in fin dei conti, riguarda i critici e chi verrà dopo di me. Non è importante neanche essere o non essere pagato. Fotografare per me è un’urgenza. Se mi si lascia due o tre giorni senza creare, io poi sto male».

Lei è famoso per le sue foto di moda però è arrivato a Capri, isola che spesso viene identificata con la moda stessa, per ritrarre gli abitanti. Che tipo di foto ha fatto?

«Non so mai quale linguaggio userò nelle mie fotografie, so solo che sarà il mio. Probabilmente ho cercato di fare tutti ritratti di capresi veri usando il mio modo di far fotografia che per molti è un linguaggio moda, anche se non sento tanto questa definizione. So che devo fare una fotografia e la faccio. Nelle foto in mostra non ho preso la parte modaiola di Capri, ma quella più profondamente vera. La Capri dei capresi autentici, quelli che hanno sempre deciso di rimanere sull’isola perché è la loro casa».

C’è stata una differenza di approccio nel fotografare personaggi poco famosi e più reali rispetto ai soggetti che è abituato a ritrarre?

«Il mio approccio non cambia mai perché per me tutti i soggetti sono esclusivi e straordinari. Tutti gli esseri viventi sono unici, la loro fama e la loro gloria mi interessano relativamente, a me interessa l’umanità e questa, così come l’unicità, è in tutti per fortuna. Da ragazzino mi hanno insegnato che non bisogna mai cambiar tono con nessuno, con chiunque si parli, lo stesso per me vale per la fotografia. Non distinguo e non fotografo in maniera diversa le persone, tutti sono importanti. Se si sceglie un tono, nella vita, lo si deve avere sempre e questo vale anche nell’uso della macchina fotografica».

Da queste fotografie cosa ha voluto far emergere?

«Prima di fotografare non lo sapevo bene neppure io. Quello che mi è piaciuto è stata la grande profondità della gente che ho incontrato. Sono tutte persone che hanno una grande intensità. Io parlo molto con le persone che fotografo per entrare in contatto con loro e sono rimasto colpito dal loro grande spessore».

Quanto ha contribuito l’isola a far realizzare delle belle fotografie?

«Capri è molto fotogenica e una grande modella. La fotografia è sempre un atto di seduzione e la persona o la cosa che sta davanti alla macchina fotografica devono sedurre il fotografo. Viceversa il fotografo deve sedurre le cose che ha davanti alla macchina, anche se solo per un centoventicinquesimo di secondo e l’isola è di un fascino assoluto; con lei la seduzione è scattata immediatamente per questo ho cercato sempre di posizionare il personaggio nello spazio e poi ritrarlo invece solo, cercando di cogliere la profondità del volto e dello sguardo».

C’è differenza quindi tra la fotografia di un volto e quella di un paesaggio?

«Infinitamente! In queste foto ho tentato di fare una cosa un po’ complessa, ovvero il ritratto della persona nello spazio. Questo è stato relativamente facile perché i personaggi sono straordinari e lo spazio lo è altrettanto. Ho usato la tecnica dell’accostamento di due o tre foto per cercare di andare con il racconto un po’ più a fondo».

Quindi ha utilizzato tecniche particolari?

«Mi piace pensare che la mia fotografia non duplica la realtà ma vi allude. La foto non deve solo raccontare, ma deve dare la mia visione del reale. Quello che ho cercato di fare, e secondo me siamo riusciti abbastanza nell’intento, è la messinscena del reale che a volte è più reale della sua duplicazione. Quando si duplica il reale, raramente si riesce a sintetizzarlo, se invece lo si racconta attraverso la sensibilità spesso si può arrivare ad esplicare meglio quello che si è visto».

Ho letto che per queste fotografie si è ispirato alla produzione Uomini del Ventesimo Secolo di August Sander…

«Un po’ volontariamente e un po’ involontariamente mi sono venute delle foto che possono essere definite “sanderiane”, perché alcune delle persone che ho fotografato mi hanno ricordato il lavoro del fotografo tedesco. Credo che il suo modo di fotografare abbia contagiato un po’ tutti i fotografi del mondo, anche se le immagini della mostra sono soprattutto gasteliane!».

Che impressione ha avuto da Capri e dalla sua gente?

«Un’impressione fantastica. Trovo che malgrado il mare di turisti che sbarcano ogni giorno, gli isolani hanno conservato la propria autonomia, la capresità. Non sono contagiati o snaturati dalla follia del turismo di massa e questo per me è sinonimo di grande intelligenza, coscienza di sé e amore per un modo di essere che è diverso a Capri, rispetto a qualunque altra parte del mondo, e di posti ne ho visti tanti!».

 

 

Chi è

Classe 1955, Giovanni è il figlio di Giuseppe Gastel e Ida Visconti di Modrone, sorella del celebre regista Luchino. Già dall’adolescenza Giovanni respira un’aria intrisa di cultura ed eleganza che inizialmente riversa nel teatro e nella poesia poi, dagli anni Settanta, anche nella fotografia. L’incontro con Carla Ghiglieri, nel 1981, lo introduce nel mondo della moda di cui diventa interprete raffinato e inconfondibile, ricercato anche dalle più prestigiose testate internazionali di settore. L’impegno costante nella fotografia, non solo come interprete, lo avvicina all’Associazione fotografi italiani di cui, oggi, è il presidente.

 

 

La mostra

La sesta edizione del Festival di fotografia, organizzato dalla Fondazione Capri, porta nelle sale della Certosa di San Giacomo i volti degli abitanti di Capri e Anacapri, ritratti dall’obiettivo di Giovanni Gastel. Con il consueto appuntamento fotografico, intitolato quest’anno Ritratto di un’isola, la Fondazione si propone di proseguire l’esperienza site-specific per portare alla luce un altro dei tanti aspetti della particolare identità dell’isola affrontati negli anni precedenti da altri grandi fotografi. L’edizione 2014 vuole raccontare lo stretto rapporto che i capresi hanno con l’isola e con il suo territorio, riproducendo la quotidianità del vivere attraverso il fascino di uno dei linguaggi più seducenti dell’arte contemporanea, la fotografia. (dal 5 luglio al 7 settembre – Certosa di San Giacomo – Orario 10-14 e 17-20 – chiuso il lunedì)

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