foto04Leggere Capri

Oltre 2.000 volumi e molti autori famosi raccontano l’isola

di Ciro Sandomenico

 

 

 

 

L’isola di Capri illuminata, riscaldata e resa splendida dal sole astrale è stata ed è inondata da un’intensa luce letteraria. Le pubblicazioni con tema Capri contano ormai più di duemila voci, escluse quelle giornalistiche. Un consistente fascio di luce culturale che nell’impatto con questo prisma roccioso si scompone nei colori dell’iride. Un attraente arcobaleno, un’ideale frammentazione cromatica che va dall’azzurro al rosso, al giallo, al verde, al rosa e al bianco e nero con le tante tonalità dei grigi. D’azzurro sono colorate le molte pagine dedicate al mare e sono numerose quelle sulla grotta più famosa del mondo, la Grotta Azzurra. La prima descrizione fu di August Kopisch nel 1826, nel libro-diario della Locanda Pagano. Poi Wilhelm Waiblinger, altro poeta tedesco, vi ambientò nel 1830 una fantastica Fiaba della Grotta Azzurra. E nell’azzurro letterario della Grotta Azzurra galleggia anche il volumetto di Dieter Richter Das Blmaue Feuer der Romantik Geschichte und Mythos der Blauen Grotte, del 1997, in edizione siamese con l’originale descrizione di August Kopisch. Attraenti pagine azzurre documentarono la ricerca originale di Norman Douglas, La Grotta Azzurra e la sua letteratura, in monografia nel 1904 e assemblata in Capri. Materials for a Description of the Island nel 1930. Trova in Douglas giusta menzione l’entusiastica descrizione della Grotta del danese Hans Christian Andersen (1835) nel suo romanzo Improvisatoren (L’improvvisatore) che dette un potente impulso al richiamo turistico di Capri. E da tanto afflusso prese il via l’interesse letterario per l'”antro meraviglioso” che oggi vanta una sua propria bibliografia ricca di centinaia di voci. Gli stessi futuristi con Filippo Tommaso Marinetti e Bruno Corra, nel loro romanzo gay L’isola dei baci, del 1918, vi celebrarono il “Convegno Rosa”: un urlo contro la donna e i suoi “flussi mensili” e un inno per «l’esaltazione dei conviti rallegrati dai giovinetti mondi e puri». Di certo fu più musicale delle altre la descrizione che, nel 1831, il compositore tedesco Felix Mendelssohn-Bartholdy’s ne fece in una lettera alle sorelle. Ci mancano purtroppo le impressioni di un altro grande musicista, il francese Carlo Gounod, che nelle Memorie di un artista, del 1935, del suo soggiorno a Capri riporta il fascino di un altro azzurro, quello «delle notti fosforescenti… in cui il cielo letteralmente palpitante di stelle, pare un altro oceano le cui onde sono fatte di luce, tanto lo scintillio degli astri riempie e fa vibrare lo spazio infinito », e non una parola sul più famoso scintillio argenteo. E alcuna fosforescenza e alcuno scintillio nella scialba e tediosa descrizione di Marianna Starke nei suoi Travels in Europe for the Use of Travellers del 1934 in cui parla di «cella di zaffiro». Quell’azzurro di Capri si tinge di giallo con Assassinio nella Grotta Azzurra, del 2001, in cui Emilio Iarrusso ci racconta dell’assassinio di un magistrato dell’antimafia.

 

TRA IL GIALLO E IL ROSA

L’isola dell’amore, se pur raramente, ha vestito anche i panni del giallo, quelli del delitto. Tra questi spicca, anche per il suo difficile reperimento, il libro Neige a Capri, edito dalla parigina Gallimard nel 1960 (ne esiste una traduzione in tedesco, ma non in italiano). Il noir è di Roger Peyrefitte che usa per l’occasione il nome de plume di Paul Paoli. Il racconto è tutto costruito intorno ad un giro di droga e all’assassinio di Winnie Corbino (Edwin Cerio) di cui è sospettata ingiustamente la giovane moglie Clarissa Twining (Claretta Cerio). E nel solco del giallo si pongono Alain Elkan con Delitto a Capri (1992), Marino Barendson con Capri appartiene a me (1994), e Annamaria Panzera con Ultima estate a Capri (1999) e Il gemello inatteso (2003). Né vogliamo dimenticare, tra il giallo e il rosa, Luciana Peverelli con Scandalo a Capri, del 1952. Queste ultime citazioni aprono alla memoria le porte della bibliografia caprese tutta al femminile fatta di poetesse, romanziere, saggiste, viaggiatrici, filologhe e novelliste in cui le straniere occupano le posizioni di rispetto ma non mancano le italiane che di recente avanzano a schiera.
Alcune con i loro pseudonimi. Come Rina Faccio, alias Sibilla Aleramo, scrittrice e poetessa, femminista convinta ed irrequieta, che cercò e in parte esaurì i propri acuti creativi tra le braccia di altri, anzi di molti poeti e scrittori italiani del suo tempo tra i quali Dino Campana. La Aleramo entra nella letteratura caprese con più contributi: Andando e stando del 1922, e la poesia Capri scritta nel 1918 durante il suo soggiorno caprese quando l’isola viveva le stravaganze saffiche delle extraordinary women.
Non manca Matilde Serao. La grande giornalista napoletana, famosa per i suoi elzeviri, dedicò a Capri il racconto L’abbandonata (1910) in cui le contadinotte che accettano di fare da modelle per pittori stranieri hanno un diverso destino, mentre le poche più fortunate divengono Lady, le più ingenue sono destinate alle sofferenze e alla delusione dell’abbandono. Ancora di fanciulle capresi parla, nel 1874, Carl Detlef, pseudonimo di Carla Bauer, in Novelle e ne avvertiamo l’entusiasmo per la tarantella, ballo folcloristico in cui primeggia la Bella Carmelina di Monte Tiberio i cui racconti fanno vibrare le pagine di The Enchanted Isle e di Legend of Capri, della scrittrice inglese Isabel Emerson, edite nel 1935, ma già in edizione italiana nell’anno precedente.
Non possono dirsi rosa, ma di un colore intenso perché di piglio serio e concreto, i contributi di Romana De Angelis Bertolotti, Capri. La natura e la storia e Capri. Dal Regno d’Italia agli anni del Fascismo cui fa eco la pubblicazione di Marcella Leone De Andreis Capri, 1939, del 2002, che si è accortamente avvantaggiata dalla ricerca tra i documenti dell’Ovra (Organizzazzione vigilanza repressione antifascista); molto segreta ai tempi del ventennio.

 

QUEI GIORNI DI GUERRA

Nessun nome femminile appare però sull’orizzonte rosso della guerra e della battaglia: la presa di Capri, un’impresa militare di tanto rilievo strategico da meritarsi l’immortalità di un bassorilievo sulle pareti dell’Arco di Trionfo di Parigi.
Quei giorni di guerra del 1808 in cui si affrontarono gli inglesi occupatori e l’esercito espugnatore franco-napoletano di Gioacchino Murat, ebbero un notevole risvolto letterario: Francesco Alberino (1892), falegname, poeta “ingenuo”, cantastorie, scrisse il suo poemetto che ebbe l’onore di essere pubblicato anche in inglese da Sir Lees Knowles (1923), Taking of Capri. E la presa di Capri è stato il tema di pubblicazioni di Maurizio Perrot (1929), Piero Pieri ed Ernesto Simon (1930), Umberto Broccoli (1953) e Roberto Ciuni (1990), per citarne solo alcuni.

 

QUASI UNA FAVOLA

Curiose e divertenti le pagine turchine della favola. Vi si incontra nientemeno che il nome di Graham Greene che inventa una caccia al tesoro. Il famoso scrittore inglese, per oltre quarant’anni ospite stagionale di Anacapri, che lo nominò cittadino onorario nel 1985 e dove svolse il suo metodico lavoro di scrittore di «trecentocinquanta parole al giorno», inviò a due dei suoi nipoti, Andrew e Jonathan, diciannove cartoline postali a colori con le immagini dei luoghi più celebri di Capri, invitandoli ad una caccia al tesoro del «mostro Tiberio, che ritrovano, sotto forma di tante monete d’oro, in un’anfora su Monte Solaro, a Cetrella e si affrettano a spendere in regali tra le bancarelle della strada che porta a San Michele di Axel Munthe». Così, con la pubblicazione edita ad Helsinki nel 1985, in copie numerate del The Monster of Capri, di Graham Greene, Capri è servita: riconosciuto il suo mostro in Tiberio ogni visita sull’isola si risolve in una corsa affannosa e nello sperpero in consumismo futile di un tesoro. C’è però qualche pagina più turchina nella favola di Jeanette Winterson, gioiosamente illustrata da Jane Ray, King of Capri, – un fumetto in folio edito nel 2003 – in cui l’imperatore Tiberio presentato come king crapulone, egoista e insoddisfatto viene trasformato dall’incontro con la generosa lavandaia napoletana Jewel in un king buono e felice, complici il gatto Wash e Mister Wind.
Nelle pagine faunistiche colorate di grigio, fino al nero, si va dai contributi di grande interesse per l’origine geologica dell’isola, sull’Elephas Antiquus e gli Avanzi di ippopotamo, rinvenuti a Capri dai geoantropologi Giuseppe De Lorenza e Geremia D’Erasmo e descritti negli anni Trenta, alle altrettanto interessanti e affascinanti ricerche di Wilhelm Goetsch, zoologo e illustre mirmecologo, e cioè studioso delle formiche, dell’Università di Breslavia.
Egli ha dato alle stampe, negli anni Trenta e nel ventennio successivo, i risultati delle sue osservazioni sulle Ameisen, che è il nome tedesco delle nostre formiche. Il simpatico mirmecologo, nei suoi ripetuti soggiorni a Capri ha studiato tutte le specie di formiche presenti sull’isola e ci ha lasciato una rigorosa documentazione ricca di schemi e disegni dettagliati anche dell’anatomia di questi animaletti. Sfogliare le pagine della pubblicazione di Wilhelm Goetsch ha risvegliato ricordi infantili e adolescenziali e rinnovata la meraviglia per l’organizzazione sociale di questi straordinari imenotteri e la razionalità nella distribuzione dei compiti e delle funzioni. E non è improbabile che di là sia venuta l’idea della catena di montaggio. Tutto questo e tanto altro racconta la bibliografia con tema Capri.

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