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Lo spettacolo del parco

Accanto ai ruderi di Villa Jovis, tra le rocce in fiore, Parco Astarita regala visioni di verde e di azzurro

 

di Rossella Funghi | foto di Raffaele Lello Mastroianni

 

 

Un luogo solitario. Un’isola nell’isola lontana dal clamore e dalla folla della piazza.

Un polmone verde aggrappato alla roccia dove ogni sguardo è emozione, dove ogni pensiero diventa sogno. Come il sogno di quel banchiere che con tenacia e passione riuscì a trasformare una zona brulla e abbandonata in un magnifico parco perfettamente inserito nell’ambiente.

Lo chiamavano “il signorino” ed era uno degli otto figli di Tommaso Astarita, armatore e proprietario della Banca della penisola sorrentina.

Originario di Meta di Sorrento, Mario Astarita arriva a Capri agli inizi degli anni Venti in coincidenza con la cessazione dell’attività della banca paterna. Erede di un ingente patrimonio costruisce sull’isola case, alberghi, ville.

E poi il sogno. Diventare l’unico proprietario del territorio confinante con quella che era stata una delle dimore dell’imperatore Tiberio. Ci vollero quasi vent’anni di ricerche e di trattative per entrare in contatto con i vari proprietari ed acquistare da loro i tanti terreni e poderi che componevano la vasta zona adiacente a Villa Jovis.

Quei centocinquantamila metri quadrati furono tutti suoi a metà degli anni Cinquanta. Una landa rocciosa che sarebbe diventata il giardino incantato della vecchia casa colonica che Astarita aveva fatto restaurare e battezzato “La Falconetta”. Furono disegnati vialetti, create gradinate e terrazze a picco sul mare, innalzati parapetti e ringhiere. Furono piantati alberi e arbusti, seminate essenze e fiori. Tutti rigorosamente appartenenti alla flora autoctona dell’isola.

Nel 1978, poco prima di morire, Mario Astarita donò centomila metri quadrati di questa meraviglia verde allo Stato e per esso alla Soprintendenza archeologica.

Abbandonato a se stesso e alla disponibilità di qualche volontario che invita ad entrare, il Parco avrebbe un gran bisogno di nuove palizzate e potature accurate per gli storici alberi piuttosto trascurati.

Ma non perdete comunque questo gioiello verde che si spera possa tornare presto a risplendere. Salite fin lassù, in una dolce passeggiata verso il monte Tiberio accompagnati da un rincorrersi di orti, vigne e giardini. Ad attendervi troverete uno spettacolo davvero indimenticabile.

Attraversato il cancello una tavolozza di verde si offre subito al visitatore. Lo sguardo corre intorno e scopre un orizzonte fatto di cielo e di mare dove la natura diventa l’artefice di infiniti quadri che hanno per sfondo la riva di Salerno, Sorrento e Punta Campanella, il piccolo arcipelago Li Galli con Positano, la costiera amalfitana.

Balze di roccia cadono a strapiombo sotto la furia turchina di un cielo di smalto appena filato di nuvole. Un paesaggio sospeso tra il verde della macchia mediterranea e il grigio della roccia a picco sul mare, un paesaggio che emoziona.

Ombra e frescura le regalano gli alberi: lecci, carrubi, querce e pini d’Aleppo. I tronchi contorti e le chiome imbrigliano il sole, lo spandono dolce sulle corolle degli agapantus in fiore a maggio come fuochi d’artificio azzurri, disegnano sull’indaco del cielo controluce mediterranei. In basso fanno capolino lucertole timorose e ci sono petali che si rivelano di un trasparente malva. Aggrappata alla roccia e resistente ai venti salmastri l’euphorbia, la “vavolla” caprese, si accende con un solare benvenuto in primavera e spegne la sua tavolozza con le foglie vestite di ruggine in autunno. Gli helichrysum profumati di liquerizia regalano macchie di giallo con le loro dorate infiorescenze.

Cisto, mirto, erica e rosmarino intrecciano sfumature di verde e profumi misti a salsedine. Odori teneri ed aspri. E tra i vialetti si rincorrono lentisco, ginepro, corbezzolo.

Su una terrazza una panchina, che da sola varrebbe l’arrivare sin qui, invoglia a sostare per una lettura o per un dolce, sonnolento oziare.

Ma ogni terrazza vale la salita. Tutte incantate e affacciate sull’infinito azzurro. Tra le rocce e il cielo volteggiano i gabbiani e il mare, giù in basso, si incurva, alita, incanta. Si increspa nel fluttuare di un’onda o regala un ricamo nella scia di una barca. L’emozione riprende nello spettacolo del panorama quando Villa Malaparte e i Faraglioni si offrono in un unico fotogramma.

Un luogo incantato, fermo nel tempo, dove la roccia è rimasta roccia forse perché, come diceva Savinio «il destino quassù non tocca terra ma sta sospeso tra cielo e mare».

 

La Falconetta

In origine casa colonica fu trasformata nei primi decenni del Novecento e divenne una delle due residenze capresi di Mario Astarita, banchiere napoletano e raffinato collezionista. Qui fu sistemata parte delle preziose collezioni di arte classica, statue e bronzi del padrone di casa, che furono poi donate ai Musei Vaticani e al Museo nazionale di Napoli.

La cancellata che costeggia viale Amedeo Maiuri lascia intravedere questa dimora arroccata a nido d’aquila su una ripida parete rocciosa un tempo frequentata da personaggi illustri e dove ancor oggi gli uccelli amano sostare come quando Astarita scriveva in una sua poesia «Casa addò a primmavera ’aucielle, / ca venivano ’a luntano, luntano, / s’arrepusaveno e, doppo, p’ ’a priezza / cantavano canzone d’ammore». | La Falconetta. Originally a country farmhouse, the building was transformed during the first few decades of the 20th century and became one of two homes on Capri owned by Mario Astarita, a Neapolitan banker and sophisticated art collector. He kept part of his valuable collection of classical art, statues and bronzes here, which were later donated to the Vatican museums and the National museum in Naples. The railings which run along Viale Amedeo Maiuri reveal glimpses of the house, perched like an eagle’s nest on a steep rocky cliff. Once it was frequented by famous people: today the birds still like to stop off there, as Astarita once wrote in a poem: “Home, where in spring the birds that come from far off places, would rest, and afterwards, all my life, they would sing songs of love.”

 

The park in all its glory

Next to the ruins of Villa Jovis, amid the flowering rocks, Parco Astarita offers visions of green and azure blue

by Rossella Funghi | photos by Raffaele Lello Mastroianni

 

It’s a solitary place. An island on an island, far from the noise and crowds of the piazza. A green lung clinging to the rock, where every gaze inspires emotion, and every thought becomes a dream. Like the dream of that banker who, patiently and tenaciously, managed to transform a neglected area into a magnificent park which fits perfectly into the environment. He was known as “the young master” and he’s one of the eight sons of Tommaso Astarita, a ship owner and owner of the Bank of the Sorrento Peninsula. Originally from Meta di Sorrento, Mario Astarita arrived on Capri in the early 1920s at the same time that his father’s bank closed its business. He was heir to an immense fortune, and built houses, hotels and villas on the island. Then came his dream. To become the only owner of the land bordering on the estate of one of Emperor Tiberius’s residences. It took almost twenty years of research and negotiation to contact the various landowners and buy all the many plots of land and smallholdings that made up the huge area adjoining Villa Jovis. Those one hundred and fifty thousand square metres finally all became his by the mid-1950s. It was a rocky area of land that was to become the enchanted garden of the old country house which Astarita had had restored and had christened “La Falconetta”. Avenues were designed, flights of steps and terraces overlooking the sea were created and parapets and railings put up. Trees, shrubs and flowers were planted, using only species that are native to the island. In 1978, shortly before he died, Mario Astarita gave a hundred thousand square metres of this marvellous green area to the State, represented by the Department of Archaeological Heritage. Abandoned to itself, and to some willing volunteers who were invited in, the Park is in great need of new fences and careful pruning of the historic trees that have been rather neglected. But don’t miss this green jewel that we can only hope will soon begin to shine again. Climb up to it, along a pleasant walk towards Monte Tiberio, through a succession of vegetable plots, vineyards and gardens, and you will be met by the truly unforgettable glory of the park. After passing through the gate, visitors are greeted by a mass of different shades of green. As you gaze around the park, you discover a horizon of sky and sea, where nature, as artist, has created an infinite number of paintings against the background of the shores of Salerno, Sorrento and Punta Campanella, the little Li Galli archipelago with Positano, and the Amalfi coast. Rocky ledges drop steeply down beneath the intense turquoise of an enamel sky, streaked with wisps of cloud. It’s a landscape suspended between the green of the Mediterranean scrub and the grey of the cliffs high above the sea; a landscape to stir the emotions. The trees provide shade and coolness: holm oaks, carob trees, oaks and Aleppo pines. Their twisted trunks and boughs rein in the heat of the sun, spreading it gently over the petals of the agapanthus that flower in May like blue fireworks, and creating a Mediterranean backlighting effect against the indigo of the sky. Down below, timorous lizards peep out, and some of the petals reveal themselves to be a transparent mauve. Clinging to the rock and resistant to the salt winds, the euphorbia, called “vavolla” on Capri, lights up with a sunny welcome in spring, and switches off its palette of colours with its rust-coloured leaves in autumn. The helichrysum, smelling of liquorice, provides bursts of yellow with its golden inflorescence. Rockroses, myrtle, heather and rosemary interweave different shades of green and scents mixed with the smell of the sea, with delicate and harsh aromas. Lentisk, juniper and arbutus pursue each other along the avenues. A bench on a terrace, that in itself makes the walk here worthwhile, makes you want to linger with a book or spend a lovely drowsy afternoon doing nothing. But every terrace is worth the climb. All are enchanted places, overlooking the infinite blue of the sea. Seagulls wheel between the rocks and sky, and the sea, far down below, swells, breathes, enchants. It ripples with the rise and fall of a wave or creates lacework in the wake of a boat. The spectacular panorama offers further thrills when Villa Malaparte and the Faraglioni appear together in a single frame. It’s an enchanted place, where time stands still, where the rock has remained rock, perhaps because, as Savinio said: “Up there, destiny doesn’t touch the earth, but remains suspended between the sky and sea.”

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