06

Spirito felino

Protagonisti di racconti e mascotte di hotel. Meticci e senza pedigree o di razza. Sono i gatti che si incontrano sull’isola e nella sua storia

di Rossella Funghi

 

 

 

Amato e coccolato, oppure odiato e scacciato. Considerato divino o demoniaco. Indipendente, altezzoso, sornione, impertinente, ma anche regale, furbo, affascinante e buffo allo stesso tempo. Insomma, un gatto. Dipinto, celebrato da poeti, protagonista di pagine letterarie. E di aneddoti curiosi che anche la storia di Capri riserva.

«A Capri, Hiddigegei ha trovato stima sulla targa di un caffè». Siamo alla metà dell’Ottocento e Hiddigegei è il simpatico gatto sfaticato protagonista di Il trombettiere di Sackingen, un poemetto parafilosofico composto dal tedesco Victor von Scheffell durante il suo soggiorno caprese. Il giovane, che si dedica alla pittura e alla poesia, è arrivato sull’isola sulla scia del Grand Tour ed è ospite della locanda Pagano, il primo albergo nato a Capri. È qui, tra l’antico giardino di aranci circondato da orti e vigneti frequentati da gatti, che compone il romanzo in versi che ha come protagonista il kater (gatto) amante del bel vivere che ispirerà il fantasioso nome – Zum Kater Hiddigegei, Al gatto Hiddigegei – del caffè adiacente al Pagano.

Hiddigegei si trasforma così nel simbolo di quello che sarà uno dei luoghi di ritrovo più famosi nella storia dell’ospitalità caprese e, raffigurato nei più svariati tratti, diventa soggetto di cartoline postali, caricature, dediche e poesie.

Sono invece in carne ed ossa i gatti che si aggirano per via Timpone ai primi del Novecento. È qui, nel cuore di Anacapri, che ha preso casa Sidonie-Gabrielle Colette. Scrittrice francese appassionata, trasgressiva, ribelle, incurante delle regole. Amava la natura, la libertà, i libri e… i gatti.

La sua casa dalle volte a vela ha pavimenti in ceramica e sulle grate delle finestre campeggia il monogramma CdJ-Colette de Jouvenel. Una vetrata si affaccia sull’agrumeto e il patio intonacato a calce è circondato da un giardino orlato di colonne. Stesi al sole, si crogiolano sognanti i tanto amati animali che fanno compagnia alla scrittrice con la loro presenza silenziosa, elegante e vellutata. Di loro diceva che «donne e gatti si assomigliano perchè entrambi possono essere costretti a fare solo ciò che vogliono fare». E a loro dedicherà affetto, molte pagine e un libro, I, dove fa dire al protagonista: «Non era soltanto una gattina ch’io portavo a casa: ma l’intera nobiltà felina, il suo illimitato disinteresse, il suo saper vivere, le sue affinità coi più eletti fra gli uomini…».

E chissà se passeggiando per i vicoli de Le Boffe la raffinata francese qualche volta ebbe modo di incontrare la “signora dei gatti”. Di lei ci ha lasciato un bel racconto Ettore Settanni nel suo Miti, uomini e donne di Capri. Si chiamava Tania, era la giovane figlia di un generale dei Cosacchi della Guardia dello Zar ed era fuggita dalla Russia infiammata dalla rivoluzione al seguito di una principessa legata alla famiglia imperiale. La nobile aveva preso sotto la sua ala protettrice la ragazza e con lei si era rifugiata nella villa di famiglia affacciata sul mare di Sorrento.

Un giorno, la principessa le disse: «Da oggi ti occuperai dei gatti che ci ronzano intorno; d’altra parte sono stufa che i nostri rifiuti vadano a finire nella pappagorgia dei suini degli albergatori vicini». Ebbe così inizio il noviziato della “signora dei gatti”.

Da Sorrento le due donne approdarono poi a Capri e trovarono casa ad Anacapri, nei pressi del vecchio mulino a vento. Un po’ alla volta, come richiamati da un fluido magico, tutti i gatti della zona arrivarono a popolare il luogo dove le due abitavano. Non passò molto tempo che la principessa lasciò l’isola e Tania rimase con la sola compagnia dei tanto amati animali.

Settanni racconta che «al suo apparire in fondo alla stradetta, i gatti le correvano incontro » e miagolando chiedevano un po’ di cibo che la donna sacrificava da quello, già scarso, che riusciva a rimediare per lei. Ma un grande gatto nero maschio a un certo punto arrivò a portar scompiglio nella colonia felina che un po’ alla volta abbandonò Tania. E anche le forze, un po’ alla volta la abbandonarono. «La trovarono immobile col gatto rimasto lì, davanti al suo corpo etereo». Si era accovacciato ai piedi del suo letto ed era rimasto a vegliarla fino alla fine. A Capri, insieme all’ondata Futurista negli anni Trenta arrivò anche il gatto di Filippo Tommaso Marinetti. Ne troviamo traccia in un articolo pubblicato dal Roma l’8 maggio 1952 dove Marco Ramperti, una delle “firme” del giornalismo dell’epoca, scrive: «Portato a Capri dal padrone nel 1937 il micione di Marinetti si elettrizzò a tal punto che ancor oggi si vedono i suoi discendenti per l’isola».

Chissà se i geni del “futurgatto” scorrono ancora nelle vene dei tanti felini che oggi popolano Capri. Li vedi sonnecchiare sui muretti o aggirarsi curiosi nei giardini. Poco attratti dalla confusione della piazza si incontrano per le strade più defilate dell’isola. Ce n’è uno, però, che non disdegna le vie della moda ed è ormai un muso noto per gli habitué di via Camerelle. Pallina, questo il suo nome, è una tenera micia dal pelo nero che da un po’ di tempo non ha più la sua padrona. Desiderosa di coccole qualche volta fa capolino all’interno delle boutique oppure aspetta che qualcuno si fermi a farle una carezza. Ripaga tutti con la grata melodia delle sue fusa.

Ma il gatto più famoso di Capri è certamente Matisse. Potete fare la sua conoscenza se salite i gradini che portano al Gatto Bianco, uno degli storici alberghi capresi. Candido, occhi gialli, è da sei anni mascotte e simbolo dell’hotel che deve il suo nome a un segno del destino. I fratelli Giuseppe, Giovanni e Tonino Esposito decisero infatti di chiamare così l’albergo quando, passeggiando nel limoneto dove poi sorse l’albergo, trovarono una gatta bianca che aveva appena dato alla luce tre piccoli, tutti bianchi. Come se non bastasse, il giorno della firma dell’atto di acquisto del terreno, acciambellato sul letto accanto al padre malato c’era un candido micio. Il nome non poteva essere che quello.

Uno spirito felino sembra quindi aleggiare da sempre per le strade dell’isola. E se vi trovate a passare per via Roma, proprio di fronte alla fermata dei bus, alzate lo sguardo e tra le finestre che si aprono sulla parete ne scoprirete una particolare, che pare essere nata dalla mano di un artista. Guardate attentamente e riconoscerete subito una nota silhouette. Quella di un gatto.

 

 

Tweet about this on TwitterShare on Google+Share on LinkedInPin on Pinterest
Torna a sommario di Capri review | 32