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Un mondo di scale

Dietro l’intreccio di ferro battuto di un cancello o aperte alla vista. Quasi sempre maiolicate e con i più svariati decori. Sono le scalinate caratteristiche di molte dimore capresi

di Alessandro Scoppa

 

 

Se la vita è fatta a scale, Capri è la vita», recita un anonimo. In effetti, Capri ha un rapporto molto stretto con le scale: una scala intagliata nella pietra, detta Fenicia ma in realtà d’epoca greco-romana, con i suoi circa ottocento gradini un tempo era il solo collegamento tra la Marina Grande e Anacapri; e scale arpionate sequestrate ai lampionai di Napoli furono lo strumento che permise ai francesi di Gioacchino Murat di arrampicarsi lungo la scogliera sotto il Sentiero dei Fortini, durante la celebre Presa di Capri nel 1808. Senza contare le numerose scale, più o meno lunghe o ripide, che collegano i vari punti dell’irregolare territorio isolano.

Ma dove la scala gioca un ruolo d’eccezione, è nel modello base della tipica casa caprese: due “cubi” di pietra sovrapposti. In quello inferiore nelle case contadine trovavano posto la cucina e la cantina, in quelle dei pescatori della Marina Grande vi era invece la rimessa delle barche; nella camera cubiforme superiore, leggermente arretrata per dare spazio a una piccola terrazza con pergola, vi era la vera e propria “casa”, ossia l’unica stanza da letto per tutta la famiglia. A collegare i due livelli, una scala esterna, sostenuta da un arco dalla solida ossatura di pietra calcarea. Con il tempo, aumentando il numero dei familiari e mutando così le esigenze abitative, nuovi cubi venivano aggiunti ai precedenti, creando più articolate costruzioni che talvolta assumevano l’aspetto di vere e proprie insule, con orti, macine, forni e palmenti per pigiare l’uva al loro interno. Poche, pochissime le decorazioni architettoniche: quelle che c’erano, come panciute cisterne sporgenti dalle mura o pietre naturali usate come fioriere, nascevano piuttosto dalla necessità di aggirare gli ostacoli che si incontravano durante la costruzione. Eppure, proprio in questa abilità degli antichi mastri muratori di saper coniugare esigenze pratiche con un innato senso estetico stava il fascino delle casette dell’isola. Edwin Cerio scriveva che l’architettura caprese «si è adattata alle accidentalità del suolo: dove una roccia poteva far da fondazione essa non è stata spianata, ma da essa, quasi una radice che ancorasse la casa alla terra, è nato il muro di sostegno. […] Una casa di Capri è, sempre, un poema in pietra libera».

Oggi, molti di quei poemi che erano le antiche case capresi sono andati perduti a seguito di ampliamenti o cattivi restauri. Altri invece si possono ancora ammirare, così come le tante scale esterne che talvolta il buon gusto dei proprietari ha saputo conservare e arricchire di vivaci rivestimenti in maiolica che ingentiliscono finanche i più moderni ed esteticamente meno attraenti rampanti in cemento armato.

Ad Anacapri, alcune delle più belle scale maiolicate offrono lo spunto per una passeggiata alla scoperta di tutto il centro del paese, essendo poste lungo l’asse che va dal corso Orlandi fino alla piazzetta di Caprile: luminosi limoni gialli su fondo blu attirano l’attenzione su una scala poco distante dal Museo Casa Rossa; più avanti, all’angolo di piazza Cerio un lungo rampante firmato dal maestro ceramista anacaprese Sergio Rubino, che in un decoro ripetuto di fiori di ibisco gialli e rossi ha dipinto vari uccellini, uno diverso per ogni gradino, posati su piante o intenti a beccare frutti anch’essi diversi l’uno dall’altro. Sempre di Rubino è la scala che si scorge poco oltre, all’ingresso di Casa Mariantonia, anche qui un decoro a limoni e festoni, forse un omaggio al limoncello prodotto tradizionalmente dalla famiglia Canale proprietaria della struttura. Ancora qualche passo ed ecco che al di là del negozio di animali dei Malafronte si può intravedere una sgargiante scala “infiorata” di più moderna fattura, seguita dopo qualche decina di metri da un’altra molto più sobria con fiori di pesco. E finalmente, in piazza Caprile ecco un’antica scala decorata con tralci di vite stilizzati; i proprietari raccontano che il motivo dei grappoli in origine fu scelto affinché rispecchiasse proprio la pianta di uva “a curniciello” che un tempo ombreggiava i gradini.

Ma Anacapri custodisce molte altre scale maiolicate che è possibile scorgere dietro l’intreccio di ferro battuto di un cancello, o nelle quali ci si imbatte svoltando in uno stretto vicoletto: solo girando a zonzo per il paese, senza meta ma con sana curiosità, si possono scoprire questi ed altri dettagli.

Lo stesso vale per Capri. Qui, dove il centro storico è ancora più irregolare di quello di Anacapri, le più antiche scale maiolicate si lasciano ammirare solo da chi è disposto a infilarsi in un dedalo di stradine, o a intraprendere la salita verso i ruderi romani di Villa Jovis. Due esempi si possono invece facilmente trovare, uno nella hall dell’hotel Syrene in via Camerelle, un elegante scalone di marmo verde e fiori su cotto, e l’altro all’ingresso dell’hotel Gatto Bianco, su via Vittorio Emanuele. Sui suoi gradini, spesso si incontra la candida micia Matisse, mascotte dell’hotel, placidamente addormentata al sole e, con inarrivabile saggezza felina, superiore ad ogni frivolezza umana.

 

Gradini ai raggi X

Alle Boffe, cuore del centro storico di Anacapri, sorge un’antica casa contadina, un solo piano formato da tre stanze in successione, affacciate su un cortile circondato da un muro alto quando le camere stesse, così che dall’esterno tutta la costruzione assomiglia a una scatola squadrata, forata qua e là da minute finestrelle, unica decorazione la trama di tenui ombre disegnate dalla luce sulle irregolarità dell’intonaco bianchissimo. Il tempo ha completamente consunto l’intonaco, la “tonachina” di malta fine e calce a legna che conferiva alle originarie case capresi il colore bruno che colpì, non tanto positivamente, Bouchard al suo arrivo sull’isola nel XVII secolo, mettendo così a nudo l’ossatura di conci di pietra sbozzati a mano che formano l’arco di sostegno dei rampanti. Non solo un preziosissimo esempio di architettura anacaprese originaria, ma una vera e propria radiografia dell’antica tecnica costruttiva locale.

 

 

 

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