Un pittore visionario
Spirito inquieto e grande viaggiatore, Diefenbach ha rappresentato nelle tele una Capri immaginaria e irreale
di Antonella Basilico Pisaturo
Karl Wilhelm Diefenbach nasce ad Hadamar, cittadina dell’Assia che fu capitale del granducato di Nassau, il 21 febbraio 1851. La sua vita fu caratterizzata da continui trasferimenti in quanto egli si mostrò, subito, insofferente alle false regole e alle rigide convenzioni dell’ambiente borghese in cui viveva e iniziò ben presto a predicare per le strade «pace e fratellanza universale e un ritorno a una vita semplice a contatto con la natura».
Per questa sua teoria fu acclamato come un nuovo profeta e fu seguito da una folta schiera di proseliti ma, nel contempo, fu anche accusato di sobillare gli animi tanto che gli fu impedito di parlare in pubblico. Egli praticava, inoltre, il vegetarianismo e il nudismo, principi che ben si accordavano con l’attuazione della dottrina teosofica di cui in quel momento era un convinto assertore.
Secondo tale dottrina, l’uomo moderno doveva cercare di liberarsi da una visione materialistica della vita per ritornare alle fonti dell’antica sapienza e ciò prevedeva un percorso iniziatico basato, soprattutto, su esperienze medianiche e visioni personali.
L’arrivo a Capri
Nel 1900 Diefenbach giunge a Capri, ritenuta dai teosofici uno dei luoghi più idonei alla realizzazione del loro ideale di vita, ispirato alla pace e alla fratellanza universale.
Capri era in quegli anni, come testimonia Lea Vergine, «il polo magnetico, il punto di confluenza, la tappa obbligata, il luogo geometrico di amicizie e congedi dei più disparati destini, cardine attorno al quale ha ruotato grandissima parte della cultura e della politica dal 1905 al 1935, tanto per mettere a fuoco un periodo aureo che oggi sembra arcaico ma il cui senso non ha cessato di lasciare aspettative», e Diefenbach rappresenta un momento significativo della vicenda culturale dell’isola.
Lo studio del pittore era collocato vicino alla Piazzetta, in una posizione strategica, e i turisti che giungevano a Capri venivano accolti sulla terrazza della funicolare dall’artista che con “gesto messianico” li invitava ad entrare dietro pagamento nel suo studio, esortandoli a comprare le sue opere e nello stesso tempo ad osservare i principi del suo credo religioso.
Il vestire con un semplice saio bianco, i capelli lunghi lasciati incolti sulle spalle e l’andare sempre a piedi nudi, anche in inverno, contribuirono a creare un alone di mistero sulla sua vita, e il forte carisma della sua personalità contribuì a dar vita a una vera e propria leggenda intorno alla sua figura. L’originalità del carattere si rifletteva anche nella pittura: quasi una sorta di viaggio alla ricerca della verità identificabile come percezione di Dio, un processo di penetrazione all’interno della natura che porta al raggiungimento dell’estasi.
Paesaggi e miti
Non solo Capri, la sua natura selvaggia, le sue aspre rupi e i suoi scorci suggestivi e drammatici sono i temi ricorrenti dell’artista, ma anche figure femminili e mitologiche. La sua è una donna senza tempo, un’esile forma che rappresenta ormai solo la spiritualità femminile, avendo perso ogni riferimento alla materialità e alla fisicità, inquietanti immagini eteree smarrite in un universo sconfinato, complicato e inafferrabile. Anche nella rappresentazione di un altro personaggio ricorrente nella sua tematica, la sfinge, c’è un chiaro riferimento alla donna intesa come mistero ed enigma, perché fondendosi in essa i due elementi della terra (il leone) e dell’aria (le ali), si trasmuta infatti nella donna. I soggetti di Diefenbach, trasferiti nel dominio e nel ricco territorio dei simboli, trascendono qualsiasi consistenza storica per distendersi nel racconto di un mondo cercato, vagheggiato, ma ormai ricordo irrimediabilmente perduto. La realtà in cui è annullato ogni rapporto spazio-tempo è pensata dall’artista come velo della verità: in essa l’uomo può cercare di collegare le cose solo con i sensi, con l’analogia e la metafora oppure facendo ricorso frequentemente all’allegoria. Non c’è più collegamento spontaneo e necessario tra l’io e il tutto, ma i rapporti tra le cose sono solo relativi.
Indubbiamente, le opere di Diefenbach presentano qualche iniziale difficoltà di lettura perché l’artista sembra interrompere, almeno superficialmente, la comunicazione tra il fruitore e l’opera, ma la trasgressione e la violazione della realtà permettono invece di percepire una “realtà altra” che non è semplicemente quella percepita dai sensi.
Lo spettatore, infatti, per fruire dell’opera non può porsi come testimone passivo, ma è chiamato a compiere un atto psichico, a mettere cioè in moto le proprie sensazioni ed emozioni per attuare quel processo di immedesimazione nell’atto creativo dell’artista. L’effetto di grande impatto emotivo dei suoi dipinti è ulteriormente accentuato dalle notevoli dimensioni delle tele e dall’uso di nuove tecniche pittoriche, quali il bitume e il nerofumo. Il risultato pittorico è una materia densa e pesante, spesso soggetta a forti screpolature, dai toni cupi illuminati solo da violenti bagliori di luce che sono come lunghi flash nel buio, visioni che custodite nella mente finiscono per essere proiettate sulla tela come in una messinscena teatrale tanto da sembrare vere.
Il Museo Diefenbach
Capri ha reso omaggio al genio artistico di Karl Wilhelm Diefenbach dedicandogli, dal 1975, uno spazio espositivo permanente nel Museo della Certosa. Nelle austere sale del museo le grandi e suggestive tele dell’artista hanno trovato la loro giusta collocazione, tanto che i dipinti sembrano sostituire le pareti stesse, trasformando lo spazio reale in uno scenario visionario e simbolico.
Il museo ospita trentuno tele, cinque sculture in gesso e un ritratto del pittore dipinto da Ettore Ximenes: una raccolta limitata ma esaustiva della produzione dell’artista.
Esponente del tardo romanticismo tedesco, Diefenbach traspone nelle sue opere il senso cosmico della natura, il sentimento religioso dell’infinito. Nella sua tematica espressione del sublime, del misterioso e dello sconosciuto si configura infatti la funzione che egli attribuisce alla pittura, una funzione magico-religiosa in cui il dato pittorico si identifica con l’esperienza del sacro.
Il museo è aperto dal martedì alla domenica, dalle 9 alle 14.