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100 anni di Futurismo

Il primo movimento d’avanguardia italiano compie un secolo. Fondato da Marinetti nel 1909 infiammò l’isola con mostre, convegni e serate a tema

di Camilla Contini

 

 

 

 

Il 20 febbraio del 1909 sul quotidiano Le Figaro viene pubblicato il Manifesto del Futurismo firmato da Filippo Tommaso Marinetti. Nasceva così una corrente artistica che rivoluzionerà la letteratura, l’architettura, le arti figurative, la musica e perfino l’arte culinaria.

Alla fine degli anni Dieci il vento ruggente dell’avanguardia porta a Capri la tempesta futurista che travolge nel suo passaggio non soltanto Milano e Roma ma anche Napoli e il Sud.

Sono soprattutto Fortunato Depero ed Enrico Prampolini ad accendere la miccia futurista sull’isola che ospiterà però anche Filippo Tommaso Marinetti e il poeta Cangiullo.
Depero sbarca per la prima volta a Capri nel 1917 invitato dall’amico poeta Gilbert Clavel. Agli occhi dell’artista si apre un nuovo mondo. «Il rosso dei gerani è sulle pareti delle case; il blu del cielo è intarsiato nei pavimenti; le piante delle margherite sono grosse come gelsi; i cactus hanno cento facce: guardarle e non toccarle. Dalla mattina alla sera sono ebbrezze di incantesimo e si sogna ad occhi aperti». Un sogno che produrrà risultati straordinari: affascinato dai colori e dalla luce mediterranea Depero si mette a lavorare con rinnovata intensità, per realizzare non soltanto celebri dipinti come Clavel sulla funicolare ma anche nuovi arazzi di panno che diventarono ben presto una sua produzione peculiare. Le ispirazioni provenienti da quella “iridescente tavolozza” producono ben presto i primi frutti che vengono raccolti in una mostra personale che viene allestita nel settembre del ’17 alla Sala Morgano.

L’isola ritorna ad essere uno scenario futurista nel 1922 con l’arrivo di Marinetti e Cangiullo. Saranno loro, insieme ad Enrico Prampolini, Alfredo Casella e Benedetta Cappa (moglie di Marinetti) i protagosisti della seconda stagione del futurismo caprese.
La piccola brigata si innamora del “seducente scoglio” a cui Cangiullo dedica versi vibranti e appassionati come questi: «Tu la sogni la notte, Capri nel tuo sogno blu marino, evanescente come lo svolazzo della traversata in viso all’esotica bionda…». Marinetti dal suo canto confessa: «Più amo quest’isola e più ne temo gli effetti sulla mia arte».

Se Marinetti e Cangiullo cantano la Capri dei futuristi con i loro versi, è Enrico Prampolini ad illustrare con tele e colori il volto dell’isola, interpretato dallo stile dell’artista, denso di suggestioni cubiste. Prende corpo cos” il primo nucleo della mostra “Interpretazione futurista del paesaggio di Capri”, quaranta opere realizzate dall’artista nell’estate del ’22 e presentate prima all’hotel Quisisana e poi alla Casa d’arte Bragaglia di Roma. Tra i dipinti spiccano Danza della Tarantella, Architettura cromatica di Capri, e la celebre Grotta azzurra, dove l’interno della caverna viene scomposto in geometrie rigide, dai colori brillanti. Un paesaggio più mentale che reale, dove natura, architettura e figura umana si scompongono in una serie di proiezioni prospettiche che ricordano le esperienze cubiste di Picasso.

Sono visioni aguzze e spigolose, costruite con forme geometriche, molto lontane dalle tradizionali vedute capresi, quasi trasfigurate dalla vocazione costruttivista del loro autore che, come aveva sottolineato Edwin Cerio nella presentazione della mostra da Bragaglia, «ha sferrato un poderoso pugno nell’occhio di chi vede Capri solamente nelle vetrine delle nostre botteghe di pittura». Del resto Prampolini vedeva l’isola soltanto cos”, con l’occhio mobile e vivace del futurista.

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