foto07Passioni di poeta

Tra le mura di Villa Discopoli Rainer Maria Rilke trovò rifugio da quella che considerava un’isola troppo bella

di Giuseppe Mazzella

 

 

 

 

Nel novembre del 1906, quando arrivò per la prima volta a Capri in una delle tante tappe del suo inquieto vagabondare, Rainer Maria Rilke aveva già vissuto la travolgente passione per Lou Andreas Salomé. Dopo oltre cinque anni il poeta, nato a Praga nel dicembre del 1875, ne portava ancora i segni e viveva nella speranza di essere riamato da quell’«angelo biondo dal nasino all’insù», al quale avrebbe continuato a scrivere lettere accorate per tutta la vita. Da quando si erano conosciuti a Monaco nel maggio del 1897, erano stati trascinati in un vortice imprevedibile. Il giovane e timido ventiduenne si era trasformato in un amante appassionato e la matura e un po’ mascolina trentaseienne si era scrollata la corazza di freddezza in cui era vissuta fino ad allora. Lou, sposata da oltre dieci anni con il professore Friedrich Carl Andreas, di quindici anni più grande, era una donna emancipata ma irraggiungibile.
Aveva, infatti, stretto un patto di castità con tutti i precedenti amanti, tra cui Friedrich Nietzsche, e persino con il marito. Un patto che con Rilke spezzò, conoscendo per la prima volta la pienezza dell’amore. Gli innamorati si erano poi rincorsi per tutta l’Europa, e persino in Russia, nella cui città di Pietroburgo, lei ea nata nel 1861. Furono tre anni intensissimi e fondamentali per la formazione intellettuale di Rilke, che imparò disciplina e metodo, cambiando addirittura la grafia, che divenne da allora chiara e ordinata. Sotto la guida di Lou, imparò anche a conoscere e ad amare la natura, affinando le innate doti artistiche.
Fu un periodo creativo dominato da una rigida autodisciplina che diede i migliori frutti molti anni dopo nello splendore plastico delle Nuove Poesie. A volte i due si dividevano, lei per dedicarsi al suo lavoro di scrittrice e di studiosa, lui per compiere viaggi culturali, per allargare i suoi orizzonti. Rilke allora, si scatenava, scrivendole lettere di fuoco, incurante delle raccomandazioni di distruggerne le copie. In lunghe missive, rievocava le ore di passione vissute assieme, confidandole «tu mi hai preso il cuore mia sorella, mia sposa, con uno solo dei tuoi occhi e una sola delle tue collane». Il loro amore si stava, però, trasformando lentamente in qualcosa di morboso. Come un figlio legatissimo alla madre, il poeta obbediva ad ogni richiesta di lei.
Lou, insofferente della piega che stava prendendo quella relazione, volle troncarla, ma lo fece con prudenza, memore di quanto era accaduto a Nietzsche, che aveva finito per soccombere alla pazzia. Preoccupata della fragilità di Rilke, che aveva già dato qualche segno di squilibrio, continuò ad invitarlo alle riunioni culturali, a scrivergli di tanto in tanto e soprattutto ad essere inondata dalle sue continue missive, in cui lui le confidava ogni moto dell’animo. Dolcemente seppe staccarlo da sé, pur non facendogli mai mancare il suo aiuto, ma decisa a restare «fedele ai ricordi, ma non agli uomini», così come aveva scritto in un suo vecchio diario.

 

LONTANO DA LOU

Al suo arrivo a Capri, Rilke fu ospitato nella “casetta delle rose”, un angolo appartato di Villa Discopoli su via di Tragara, di proprietà della sua amica Alice Faehndrich. Il poeta si era recato sull’isola sperando di trovare la serenità necessaria per scrivere.
Le prime settimane, però, furono improduttive. Non riusciva a concentrarsi ed era continuamente impegnato a scrivere ai suoi amici lontani e alla sua Lou. Continuando a rimuginare sul suo fallimento, così le scriveva: «Ho capito perché dalla nostra vicinanza non è potuto nascere niente di reale; perché tu, o eri me con tutte le tue forze e quindi soverchiante, oppure eri il mio Contro Io e allora un advocatus diaboli, un pallido doppio e costante oppositore».
Nonostante fosse attratto dalla bellezza dell’isola, Capri non piaceva a Rilke, sembrandogli addirittura una cattiva invenzione dei turisti tedeschi, uno scenario falso, quasi “un’assurdità”. Precisava allora sconsolato agli amici Elizabeth e Karl von der Heydt: «I turisti sono quasi tutti partiti, ma i segni della loro stupida ammirazione… sono così vistosi e tenaci che persino le terribili tempeste che di tanto in tanto stringono tra le loro fauci l’isola riescono a cancellarli.
Nei posti belli come questo vengo sempre colto dalla malinconia, aggredito dalla loro ovvia, incontestabile e celebrata piacevolezza…». L’isola gli procurava impressioni contraddittorie e finiva sempre, dopo inutili tentativi di adattarsi, per rintanarsi nella villa, dove non amava essere disturbato.
Attaccò addirittura un cartello all’ingresso con la scritta: «Qui c’è un uomo ancora vivo che ha il cuore già morto. Si prega di non disturbare, e così pure di non toccare le rose del giardino che dorme».
Incontrò fugacemente il pittore Diefenbach e una sera si recò a cena da Gorki, senza però uscire da quella strana apatia che lo faceva sentire sempre più triste e deluso. La notte di Capodanno andò in Piazzetta per la Messa di mezzanotte, ma trovò la porta della chiesa chiusa «come da secoli». Durante quelle stesse festività assistette anche ad una tarantella, e restò sconcertato da quel «ballo di satiri e di ninfe».

 

LA SCOPERTA DI ANACAPRI

Solo lentamente riuscì ad uscire da quel torpore. Venuto a contatto con la popolazione, cominciò ad apprezzarne il carattere. Soprattutto scoprì «Anacapri suprema, deliziosa e selvaggia, dove anche un pastore è uno spettacolo», da dove poté ammirare la visione del mare, «più greco e più colmo di antichi orizzonti», e godere nelle sue passeggiate solitarie il silenzio dei viottoli che si inerpicano verso il monte. Vezzeggiato dalla sua ospite e da una piccola comunità di stranieri, ai quali leggeva ogni giorno passi dei Fioretti di San Francesco, riacquistò finalmente un po’ di serenità e si tuffò nella creazione. Fu in quel periodo che sbocciarono alcune delle sue poesie più alte e furono scritte lettere tra le più belle del suo vasto epistolario.
A volte lo riprendeva però la malinconia e sognava di andare via, o ritornare a Parigi dove avrebbe potuto essere come «in nessun altro luogo del mondo». Nella primavera del 1907 lasciò l’isola rinfrancato, portando con sé alcune delle sue più belle composizioni e pronto ad affrontare nuove battaglie. E soprattutto tornò “guarito” da Lou, ormai immerso definitivamente nella creazione. Rilke tornò a Capri una seconda volta, nel 1908, e vi soggiornò dal 28 febbraio alla metà di aprile, ospite sempre della sua amica Alice.
Questa volta il soggiorno fu subito sereno e proficuo, e il poeta riuscì a godere della bellezza e del clima irripetibile dell’isola che resterà per sempre nel suo cuore. Avviandosi decisamente verso una fama crescente, nutrirà sempre grande riconoscenza per Capri, per i suoi splendidi ospiti e per i silenzi di Villa Discopoli, dove, pur non accadendo mai niente, maturava silenziosamente la sua vocazione. Convinto che presto sarebbe arrivata anche la sua “estate”. «Anche se verrà – aggiungeva, pensando al dono che Capri gli aveva assicurato – per quelli che sanno attendere, stando tranquilli e aperti come se avessero l’eternità davanti a loro».

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