06Colori nel tempo

Una storia caprese tra pittura e gastronomia

di Mariella Gardella

 

 

 

 

 

La mia storia sull’isola comincia nel settembre del 1978. Mio marito e io arrivammo a Capri da Positano per una gita giornaliera. Lavoravamo entrambi a Milano; era il nostro penultimo giorno di vacanza ma fu l’inizio della nostra vita caprese. A Capri ho ripreso a dipingere. Non è stato per la luce o per i colori o per la natura, che amo molto peraltro, ma perché mi dava fastidio vedere Peter, mio marito, pulire e buttar via tutti i colori che rimanevano sulla sua tavolozza alla fine della giornata. Forse ciò mi ricordava l’infanzia, quando mia madre, vera lombarda, faceva le polpette con gli avanzi.

I miei quadri sono impressioni dovute a un’ispirazione diretta dalla natura e dall’aria aperta, un fauvismo rivisitato e aggiornato. Infatti i miei pittori preferiti sono sempre stati Matisse, Dufy, Van Dongen e David Hockney. Ricominciando a dipingere a Capri è uscita tutta la mia gioventù artistica, tanti ricordi e la mia vera vocazione, la pittura. Il nome dei colori ha sempre avuto un fascino particolare su di me. Mi faceva sognare. Nomi come blu prussiano (pare tremendamente velenoso), bianco d’argento (si dice che i veneziani lo tenessero un anno esposto all’aria prima di usarlo), terra di Siena, giallo di Napoli, rosso di Venezia, blu oltremare sono nomi affascinanti, intriganti. E poi per me c’è sempre stato un legame tra arte e cucina. Non è un’esperienza unica, Anche Tintoretto dipingeva sulla tela preparata con una pasta di farina di segale, e Tiepolo abbozzava le sue tele con un color caffèlatte; così raccontava il mio professore di Brera.

Nel periodo del primo matrimonio andai a vivere in una villa sul lago di Como, con quella luce così morbida, tenera, delicata, fumosa. Per dieci anni il mio compito giornaliero era quello di cambiare i fiori negli innumerevoli vasi delle innumerevoli stanze. è stata una scuola di stile e di vita, in un certo modo dipingevo senza dipingere. Furono momenti indimenticabili per il plaisir des yeux.

Un altro periodo “dei colori” nella mia vita coincide con la fase in cui ero giornalista di moda a Vogue, negli anni Settanta-Ottanta. Ho viaggiato e girato mezzo mondo, lavorato con i migliori fotografi d’allora e convissuto con le loro stravaganze, esigenze e fissazioni, di modelle e di luce (violenta a mezzogiorno, morbida all’alba e al tramonto, accecante in studio), con le loro manie di location, di oggetti assurdi. Ma tutto ciò mi ha aperto altri orizzonti visualmente creativi, che sono divenuti validi più tardi e riciclati come le famose polpette. E proprio alla fine di quegli anni di lavoro e di follia, influenzati dal colore, è iniziato un altro periodo della mia vita, pittorica e artistica, con mio marito Peter Van Schlkwyk, artista e pittore. Insieme a lui ho scoperto quest’isola e stando con lui si è concretizzato il risultato finale delle tante esperienze, frutto degli studi di pittura a Brera con la pittrice Mottironi e il maestro Colombo.

Peter mi prende in giro dicendo che io riesco a sfornare quadri come pizze e che il mio amore per la pittura si sposa con l’arte della cucina. Del resto, un tempo per fare la vernice finale di un quadro si usava il bianco d’uovo sbattuto con zucchero, acqua e alcool. Ora io lo uso per fare le meringhe che piaccino tanto a mio nipote Marcello.

 

Tweet about this on TwitterShare on Google+Share on LinkedInPin on Pinterest
Torna a sommario di Capri review | 26