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Le ore di Capri

Sono scandite dall’orologio della torre, uno dei simboli più famosi dell’isola

di Salvatore Borà

 

 

 

Il solitario campanile con il suo artistico orologio che sembra essere attento custode delle vicende della Piazzetta definita da Norman Douglas «il teatrino del mondo», ha sempre suscitato interesse e curiosità per la sua collocazione inconsueta rispetto alla Chiesa. Spesso è stato confuso con l’antica torre di segnalazione che, invece, gli sta accanto inglobata tra le abitazioni e sovrastante la medioevale porta della città. Era, questa, una di quelle torri, come La Guardia e Damecuta, costruite dagli Angioini nell’XI secolo con la funzione di segnalare con il fumo di giorno e con fiamme di notte, l’avvicinarsi di navi nemiche. Edwin Cerio avanzava l’ipotesi che fosse il superstite campanile della scomparsa chiesetta bizantina di Santa Sofia, ubicata prope plateam come si legge nei documenti che ne riportano la sua esistenza. Di essa, invece, non si è mai conosciuta l’esatta collocazione per la citata generica indicazione, né poteva essere addossata all’attuale campanile, perché, come riferisce l’arcidiacono Pagano in un interessante documento del Seicento, essa fu «demolita per far posto alla costruenda cattedrale di Santo Stefano» nell’ambito della quale andrebbe cercata qualche traccia seppur esistente. Le chiesette bizantine, poi, sono dotate di “campaniletti a vela” costituiti da un arco sovrastante le facciate e contenente una campana, come quelli che ancora si possono vedere sulle chiese di Sant’Anna a Capri e di Santa Maria a Costantinopoli ad Anacapri. è da ricordare che per difendere l’abitato dalle continue incursioni dei Saraceni e dei Turchi, i capresi chiusero la Piazzetta con un muro continuo, rafforzato da tre torrette quadrangolari, che si estendeva dal trecentesco Palazzo Arcucci (oggi Cerio) fino al campanile che risulta essere una sopraelevazione della torretta di guardia quasi fusa alla porta della città. Il suo limite di altezza è ancora riconoscibile nella rientranza della costruzione al di sotto del quadrante dell’orologio. La sopraelevazione risale al 1689, come si legge nel Regio decreto del 21 maggio di quell’anno, quando l’Università di Capri chiese e ottenne dal Regio Consiglio Collaterale l’autorizzazione a prelevare «dal guadagno dell’annona la somma di 116 ducati per accomodare il campanile et fare la cameretta et altro che bisogna per riporre l’horologio nuovo et altri 100 ducati per la elemosina della fabbrica della chiesa pro cattedrale». Questi lavori avranno sicuramente comportato l’aggiunta, al di sopra dell’arco delle campane, della cupola che ha la stessa forma dei lanternini della Cattedrale, anch’essa in costruzione unitamente al Palazzo Vescovile che contorna la piazza e che ha conferito ad essa l’attuale assetto. Il civico desiderio di dotare di un orologio la torre campanaria, si inquadra nel fervore quasi rinascimentale che caratterizzò la seconda metà del Seicento caprese che vide la Venerabile Madre Serafina di Dio realizzare il Monastero di Santa Teresa con l’attigua chiesa del SS Salvatore su progetto di Dioniso Lazzari, della scuola del Fanzago, e l’inizio ad Anacapri dei lavori per la costruzione di un altro monastero con l’annessa chiesa di San Michele Arcangelo su disegno di Domenico Antonio Vaccaro. Il quadrante dell’orologio, poi, colpisce immediatamente per i colori policromi delle sue maioliche importate dalle fabbriche di Vietri e il suo disegno è simile al quadrante posto sul campanile del Duomo di Amalfi. Amalfitano era, infatti, Mastro Marziale Aniello Desiderio che reinterpretando il progetto di Franco Antonio Picchiatti con estro e fantasia, ci ha regalato le armoniose cupole della chiesa pro-Cattedrale. Nella seconda metà dell’Ottocento, quando fu abbattuto il muro che chiudeva la cittadella medioevale ed ebbe inizio la costruzione della via Nuova, oggi via Roma, fu posto sul versante lato mare del campanile un quadrante di marmo bianco con numeri romani in piombo, come si vede nell’acquerello del 1888 del pittore Reginald Jones, mentre nel dipinto ad olio del peruviano Federico Del Campo, datato 1887, il campanile appare ancora spoglio, ma con la meridiana oggi sistemata sulla facciata del Municipio e recentemente restaurata. Il quadrante bianco fu allora prelevato dalla torre campanaria della Certosa per sottrarlo, unitamente ad altri oggetti di pregio, al degrado e all’incuria in cui era caduto il complesso conventuale dopo che i monaci erano stati costretti ad abbandonare l’isola per la conquista francese di Capri e la soppressione degli ordini monastici voluta da Gioacchino Murat. I Certosini lo avevano installato nel tempo in cui gli orologi sulle torri e sui palazzi costituivano un segno di orgoglio e di agiatezza. Ed i suoi priori potevano ben dimostrarli se si considera che il reddito annuo del Monastero di San Giacomo, per le molte proprietà in loro possesso e i privilegi fiscali di cui godevano, ammontava alla cospicua somma di 15.000 ducati contro i 3.000 della Mensa Vescovile che li racimolava, tra l’altro, dalla decima sulla caccia delle quaglie, motivo per cui il presule che reggeva la diocesi isolana ci è stato tramandato come “il vescovo delle quaglie”. Neppure l’Università poté permettersi prima questo lusso risultando essa, nella prima metà del Seicento, per dichiarazione dello stesso sindaco «la più povera che sia in regno, non havendo più di ottanta ducati d’entrata certi et duecentoventi di pesi certi senza l’incerti… et provvedere ai pesi della guardia per i Turchi alli quali continuamente sta soggetta… alla rifazione delle mura… spese di artiglieria… medico fisico et maestro di scola…». Agli albori del turismo, i pochi visitatori, per lo più poeti, scrittori ed artisti, che allora giungevano dalla Marina sulla Piazzetta a dorso d’asino o a piedi, potevano ancora essere accolti da un cordiale silenzio rotto soltanto dallo scandire delle ore dell’orologio che veniva regolato e caricato con amorevole sollecitudine da Giovanni Ferraro detto Cicione, «il cronocrate ed il pirocrate di Capri» come lo definì Edwin Cerio in Aria di capri. Oggi Salvatore Federico, il giornalaio che gestisce l’edicola posta proprio sotto il campanile, ha preso il suo posto e si prende cura del suo funzionamento. Negli anni Sessanta il quadrante bianco è stato rimosso per uniformarlo a quello di maiolica del lato interno della piazza. Dal 1985 una compattissima scatola elettrica, al quarzo, comanda i movimenti dei due quadranti e il meccanismo dell’articolata suoneria, peraltro molto originale. Anche l’orecchio più distratto non può non accorgersi, prima del suono dei quarti, di un battito isolato. Si tratta infatti “dell’avviso”, scandito tre minuti prima di ogni quarto d’ora che avvisa, appunto, l’imminente partenza della funicolare e degli autobus di linea: un esempio evidente della personalizzazione cui possono arrivare le macchine del tempo e dell’uso pratico della segnalazione acustica.

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